Una Roma da psicoanalisi affonda, rimonta, sorpassa e frana a Leverkusen

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Una Roma da psicanalisi affonda, risale, recupera, sorpassa, dilaga, rischia, rimpiange. Tutto questo nei 90 minuti più pazzi della sua storia in Champions League.

Pronti e via ed è subito rigore per un fallo di mano tanto fortuito quanto ingenuo da parte di Torosidis. La reazione seppur timida c’è, ma è ancora il Leverkusen a passare, ancora con Hernandez lasciato colpevolmente solo a giocare a flipper con Szczesny. Poi la doppietta di De Rossi rimette le cose a posto e manda i giallorossi a riposo in vantaggio dal punto di vista psiclogico, un vantaggio che si concretizza anche sul campo quando l’arbitro ungherese fischia il “calcio di rigore” da fuori area, che Pjanic realizza ormai senza  stupire più nessuno.

“Ora si gioca al gatto col topo”, avrebbero pensato i tifosi delle grandi squadre europee, ma non i romanisti che quasi non credevano ai propri occhi quando Iago Falque servito da uno splendido assist di Gervinho metteva alle spalle di Leno il 4-2.

Ma in campo c’è la Roma. La stessa squadra che come vi abbiamo detto qualche giorno fa prende il 40% dei gol nell’ultimo quarto d’ora, e non è un problema fisico perché il gruppo si allena e corre, ma un problema mentale, forse non solo però; è un problema storico quello di questa squadra, non da attribuire completamente agli errori individuali di Toro o Lucas, non alle scelte di Garcia, non alla sfortuna. Il problema è di Dna, quello stesso che Falcao prima e Batistuta poi sono riusciti a cambiare con la loro emoglobina. Allora? Aspettiamo di vedere il vero Dzeko, magari nelle sue vene scorre sangue buono. 

Domenico Rimedio

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