Tutto e il contrario di tutto, questo è il riassunto di Atalanta-Roma. Una squadra vera, bella e concreta, una squadra svogliata, sprecona e con la testa altrove. Cavalcando l’onda del Leicester di Ranieri a molti sarà venuto in mente quel Genoa-Roma che fu galeotto per il tecnico di Testaccio, quello 0-3 trasformato in un 4-3 che convinse l’allenatore a salutare tutti.
Partita per certi versi simile con la Roma che, dopo Salah fermato per un evidente fuorigioco e Florenzi che si vede respingere un diagonale dalla difesa, passa con il piede sbagliato di Digne, il destro. Passano pochi giri d’orologio e arriva il raddoppio di Nainggolan e allora i giochi sembrano fatti.
Ma la Roma è la Roma e non importa se sulla panchina ci sia Spalletti o Garcia, Zeman o Ranieri, Luis Enrique o Andreazzoli, “quando arrivano le belle giornate” si arriva dopo sulla palla. “Roma è tentatrice”, ci spiegano, ma se di tentazioni si tratta allora bisognerebbe parlarne anche prima della partita perché se poi si fosse vinto allora via, la polvere se ne va sotto al tappeto e nessuno la vede più.
Ma tutto questo fa volume, così come i gol degli ex di D’Alessandro e Borriello. Quello che conta di più è che nella giornata in cui si doveva attaccare il secondo posto si è guadagnato in realtà soltanto un punto, quello che conta è che nella giornata in cui bisognava blindare il terzo posto in realtà il quarto è due punti più vicino.
Ora quel che conta è non incartarsi. Non incartarsi significa proseguire per una strada dove nessuno è salvatore della patria, nessuno ha la verità in tasca, nessuno è migliore di nessuno. Quasi nessuno.
“Qualcuno andrà via, anzi saremo noi a decidere che qualcuno andrà via”. Queste sono frasi che ai calciatori di una squadra che si è divorata una innumerevole quantità di tecnici non può passare inosservata. Qui bisogna cercare di fargli fare quello sforzo in più, di fargli scendere quella goccia di sudore che si pensava terminato, di fare quello scatto in più che nessuno farebbe mai se non mosso dal rispetto nei confronti del tecnico. Solo del tecnico. Una volta c’erano i tifosi a dare quel quid in più ma oggi no, oggi il tecnico deve gestire dei calciatori che andrebbero in guerra per lui, ma questo non succede a tutti, questo è molto difficile farlo accadere a Roma.
E allora ecco lì il coniglio che con un balzo che non ti aspetti esce fuori da quel cilindro pur non combattendo per il suo tecnico. Se non combatti per il tecnico però deve esserci qualcosa che a 40 anni ti spinge a metterti ancora in gioco “in un mondo che non ti vuole più”, e quel qualcosa cos’è?
L’amore. L’amore per una squadra, per una maglia, per una piazza che prendi così come viene, non la vuoi cambiare, per una squadra che tifi da sempre e da dentro e non da 5 anni e con un oceano a dividervi, e allora è per questo motivo che quelle cinque dita riescono ancora ad essere delicate e precise toccando quel pallone che sembrava essere diventato il tuo nemico.
Vorrei che la Roma non rinnovasse il contratto di Francesco Totti, vorrei che partisse per gli States. Poi vorrei che la società ci ripensasse e che il contratto venisse fatto ex novo, non rinnovato.
Perché? Perché per una volta, per la prima volta, vorrei andare a Fiumicino a dare il benvenuto e a mettere la sciarpa sul collo ad un fuoriclasse vero
Domenico Rimedio
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