Sette partite di campionato e 2+2 di coppa, eppure sembra quasi periodo di bilanci, di processi, di querele, di interviste (im)probabili, di bocciature definitive e di poca esaltazione. In casa Roma è già saltata la prima poltrona, quella di Sabatini, del quale sono state rubate le parole più importanti del suo quinquennio per dare un titolo a questo ignobile articolo.
Mi si fa notare che probabilmente le parole del dotto giornalista rilasciate a Il Tempo non lasciano molto spazio alla possibilità di una querela per diffamazione.
Poco importa.
Ciò che importa è in quel “sostenetela la Roma”, commiato di chi in cinque anni nel bene o nel male in questa città si è dovuto prendere del laziale, del “marchettaro”, di colui interessato più alle commissioni che si potevano tirare fuori da un’operazione che non ai piedi più o meno sensibili di questo o quel calciatore. Come se domani mattina in una radio torinese qualcuno chiamasse per affermare che “Paratici ha preso Evra perché ci prende la stecca”.
Va bene ma lì vincono. E come l’uovo di Colombo mi viene in mente una domanda alla quale ognuno di voi può rispondere come vuole, perché tanto la verità non ci è dato di conoscerla: a Torino non rompono le palle perché si vince o a Torino si vince perché non rompono le palle?
Ora fermatevi un attimo e ragioniamo insieme. Facciamo un giochino elementare: tu, lettore, fai finta per un momento di essere… diciamo El Shaarawy o Nainggolan. Fatto?
Ora facciamo finta che tu non stia attraversando il miglior momento da quando sei alla Roma. Facciamo poi che questo momento venga giustificato dal fatto che i tifosi trascinano la squadra soltanto quando c’è Totti in campo, facciamo finta che qualcuno affermi che i tifosi della Roma non sostengano più la squadra ma il singolo. Tutto questo chi fa vincere? Sicuramente te, le tue brutte prestazioni vengono in qualche maniera “depenalizzate” da chi sostiene tutto questo? Chi perde? Dai non è difficile, perde la Roma. La Roma tutta, intesa come società e staff tecnico, incapaci di gestire un singolo sulla soglia dei quarant’anni, intesa come spogliatoio incapace di gestire quello che forse è l’unico fuoriclasse della squadra, di una tifoseria ritenuta talmente stupida da perdere di vista l’obiettivo.
E allora continuiamo così ma con una consapevolezza: se quei poveri ragazzi tanto oscurati dal quel sole che sui tetti di Roma sembra non voler mai tramontare non fossero stati sotto col Torino, con l’Atalanta, con il Genoa la scorsa stagione o con la Samp in questa, se quei ragazzi non si fossero fatti salvare da quel “sole allo Zenit”, allora oggi molti dotti giornalisti di cosa parlerebbero?
Farsi prendere per mano non è un reato, soprattutto da chi è più grande di te in tutti i sensi, e dal mio punto di vista questa cosa ha infastidito più chi non ha mai visto la sua mano essere stretta come una guida che questo gruppo così oscurato e destabilizzato da chi gli ha consentito di giocarsi un preliminare di Champions.
“Poi arriva Francesco e ti rendi conto che tutto quello che hai fatto non è stato giocare a calcio, ma tentare di farlo”. Bravo Perotti, questo è quello che paga, l’umiltà di riconoscere chi ti tende la propria mano e si mette a tua disposizione. Ma questa frase è troppo bella per essere riportata da questo o quel dotto giornalista. Questa frase fa capire bene come viene percepito quello che a detta di qualcuno non dobbiamo dire che è romanista.
Tra una querela e un’intervista (im)probabile, tra una poltrona che salta a un software all’avanguardia, tra un piccolo uomo di troppo e una festa di compleanno che se ci sei, bene, ma se non ci sei era meglio non farla, siamo appena al 15% del calcio giocato, quello che più conta.
Quel conto alla rovescia lasciamolo fare a chi non vede l’ora, noi godiamocela, noi godiamocelo.
Domenico Rimedio
Segui @DomenicoRimedio
Complimenti per questo bell’articolo. Forza Roma e forza Capitano.