In un derby qualunque si potrebbe pensare che la Roma, per rosa ed investimenti economici, vinca contro una seppur sorprendente Lazio, quindi quello di ieri potrebbe essere derubricato come derby qualunque. Nulla di più lontano dalla realtà. Quello di ieri è un derby forse unico per la molteplicità degli spunti che lascia. Per cominciare una stracittadina dove ha vinto Roma, in quell’univoco applauso per Gabriele Sandri, il tifoso laziale ucciso l’11 novembre di 10 anni fa da un colpo di pistola di un agente di polizia, mentre dormiva in macchina in un autogrill, andando a vedere la Lazio in trasferta. Mai nulla come la figura di Sandri ha unito le tifoserie romane (e anche le italiane in genere). Il fatto che anche i supporter giallorossi fossero in piedi ad applaudire la memoria del giovane è motivo di orgoglio ed andrebbe sottolineato con forza a ricordare che tra chi tifa, come in ogni microcosmo, non ci sono solo razzisti, criminali o ignoranti ma ci sono anche sensibilità, sportività ed intelligenza. Bellissime le coreografie delle 2 curve: la scritta Roma a caratteri cubitali e coi colori cittadini dei giallorossi e lo straordinario volto di Gabriele vicino all’aquila in Curva Nord. Prima del fischio d’inizio la dignità del papà di Gabriele, Giorgio Sandri, e il volto di sua madre sono un pugno nello stomaco più forte di qualsiasi gol nel derby. Ed eccoci alla partita, al Derby, il primo orfano di Francesco Totti, altro pensiero su cui è impossibile non soffermarsi almeno un secondo. Preparata nei dettagli dai 2 tecnici, non spettacolare ma virile, aggressiva e nervosa come si conviene ad un derby che si rispetti, eppure mai scorretta o cattiva (da romanisti apprezziamo in questo senso lo sforzo che, immaginiamo, avranno fatto Radu e Lulic). Lazio molto attenta e generosa, ma poco incisiva davanti, Roma determinata ed aggressiva nel pressing, ma mai allo sbaraglio. Poche le azioni da gol e praticamente tutte dei giallorossi e si può ringraziare l’intervento del VAR che, concedendo il giusto rigore ai biancocelesti per il fallo di mano di Manolas, non visto dall’arbitro, ha permesso alla Roma una vittoria senza strascichi polemici. Un derby equilibrato tatticamente, dove i giocatori hanno dato tutto, anche gli infortunati, con Immobile non in palla ma volenteroso e un Nainggolan evidentemente di un altro pianeta. Un derby figlio dei 2 tecnici che rappresentano freschezza, gioventù, dedizione al lavoro e correttezza, precisione tattica e attenzione ai dettagli. Praticamente perfetta la lettura di Di Francesco anche in corso d’opera, quando la Lazio ha aumentato il ritmo e ha generato parecchia tensione nella metà campo giallorossa. Ad Inzaghi si potrebbe rimproverare l’esclusione di Lukaku, che ha cambiato l’inerzia della partita appena entrato, a favore del “fantasma del Natale passato” Lulic (a parte l’evanescenza del bosniaco, ogni riferimento alla clownesca squalifica dello scorso dicembre per le frasi su Rudiger è puramente volontario), ma in generale la squadra di Lolito c’era ed ha generato partita vera, cosa che da ancora più lustro alla vittoria della Roma. Insomma i 2 allenatori, non romani di nascita, ma qui cresciuti professionalmente, vincenti e innamorati, sono il valore aggiunto delle 2 formazioni a dimostrazione che forse, parafrasando un vecchio spot televisivo, Roma non ha bisogno di tecnici grandi, ma di grandi tecnici.
P.S. All’eventuale obiezione se l’articolo così come viene scritto, sarebbe stato uguale in caso di pareggio o sconfitta della Roma rispondo che mi piace pensare di si…ma non posso garantirlo. E’ sempre un derby