Unanimità di giudizio nei commenti dei protagonisti a fine gara: “Sconfitta ingiusta”.
Per la mole di occasioni da gol avute è sacrosanto, per il tempo in cui la palla è stata nei piedi di Pjanic e compagni la tesi è inconfutabile, forse si poteva fare qualcosa di meglio nei cambi, sicuramente si doveva fare qualcosa in più sotto-porta.
All’inizio di questo miniciclo, la maggior parte di quelli che con carta e penna sono soliti stilare tabelle, avrebbe firmato per un pareggio a Firenze e Milano, ma possibile che due punti a volte siano meglio di tre?
Il paradosso è proprio questo.
Certo, presentarsi con una sconfitta al dentro o fuori di mercoledì contro il Bayer e al derby di domenica non è sicuramente il massimo dal punto di vista psicologico, ma sia chiaro che se i nostri dopo la vittoria contro l’Udinese affermavano che nulla era deciso, a maggior ragione niente è deciso nemmeno dopo la debacle di ieri, maturata in una gara che la Roma meritava probabilmente almeno di pareggiare, almeno.
Ieri, dopo oltre sette mesi, la squadra di Garcia ha concluso una gara senza segnare almeno una rete. Malgrado al Meazza l’imprecisione degli attaccanti (e non solo) abbia fatto suonare un piccolo campanello d’allarme, non è certo nel reparto offensivo che si debbono scovare i limiti di questo team. Reparto offensivo del quale fa parte Dzeko, il centravanti richiesto a gran voce da una piazza che per troppi anni si è ritrovata a giocare con il falso nueve (quelli bravi lo chiamano così); il bosniaco, malgrado avesse scaldato gli animi dei tifosi già dall’aeroporto e nella sfida contro la Juve, complice anche un infortunio che lo ha costretto a saltare qualche gara, non sta di certo godendo di una vena realizzativa degna del suo curriculum (229 reti all’attivo tra club e nazionale). “I gol arriveranno”, assicura Garcia, ma se ieri la partita del n. 9 è stata senza dubbio insufficiente, nelle partite precedenti il lavoro fatto per la squadra si è fatto sentire e come. Al miglior attacco della serie A (e non solo) sono mancati i gol.
Questo l’altro paradosso.
Forse in questa stagione per la prima volta dopo molti anni la Roma non viene descritta come dipendente da questo o quel calciatore. Pe r tanto tempo la squadra giallorossa è stata definita come Totti-dipendente, ma quest’anno no. Se si vuole individuare un calciatore dal quale il gioco di Garcia sarebbe meglio non prescindesse, questo forse è Miralem Pjanic, e domenica, nel derby, il bosniaco non ci sarà.
Il giudice sportivo fermerà il n. 15 per una giornata a causa di una doppia ammonizione rimediata da Nicola Rizzoli. Prima ammonizione arrivata per proteste (giuste nel contenuto) per un fallo di mano non visto dal direttore di gara che ha portato addirittura l’Inter a rendersi pericolosa con Brozovic; seconda ammonizione arrivata per un fallo di mano dello stesso bosniaco, in questo caso visto e punito dal fischietto. Anche questo ha del paradossale.
Intanto mercoledì è Champions League, gara fondamentale per il passaggio del turno, al quale in caso di sconfitta o pareggio la Roma può dire addio. Poi sarà derby, senza Pjanic ma con un De Rossi (si spera) ritrovato. La classifica è corta e di gare fondamentali in campionato in questo momento non ce ne sono, certo però che per Garcia le due settimane della sosta per le nazionali possono essere inferno o paradiso e speriamo che sia Beatrice e non Virgilio a fargli compagnia.
Domenico Rimedio
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