Il fantasista bosniaco, ora alla Juventus, ha parlato del suo passato in giallorosso a Il Messaggero:
Come ci si sente da vincente?
“Molto bene, sono felice. Qui alla Juve, la vittoria si respira dalle mura. Agnelli me ne ha parlato il primo giorno che ho messo piede a Vinovo. Giri e vedi i trofei, le bacheche: i successi sono nel dna di questo club”.
Nainggolan ha detto che lei ha scelto di vincere facile.
“Dopo cinque anni bellissimi a Roma, ho solo deciso di fare altre esperienze. La Juve mi ha seguito, mi ha voluto. Io avvertivo l’esigenza di confrontarmi con un’altra esperienza, del resto la carriera di un calciatore è breve. Detto questo, vincere non è mai facile e non lo è nemmeno qui. Ci vuole abnegazione, lavoro. Le vittorie si ottengono sudando, meritandole, al di là di ciò che, troppo superficialmente, si pensi in giro. Vincere a Roma sarebbe stata un’emozione unica. Purtroppo non ci sono riuscito, e mi dispiace. Ma ci ho provato. Molti sono rimasti male che sia andato via, ma io non ho tradito nessuno”.
Che c’è di così magico a Roma?
“C’è passione, dalla mattina alla sera si pensa al calcio, alla squadra. E questo è bello perché un successo ti porta alle stelle, ma dall’altra parte è negativo perché si perde il senso dell’equilibrio”.
Il violino di Garcia? Era d’accordo?
“La Roma voleva vincere, non c’è riuscita. Poi i gesti si fanno spontaneamente e sono sicuro che Rudi non lo rifarebbe se tornasse indietro. C’era rabbia, ci rodeva perdere in quel modo”.
Totti?
“Checco è un genio. Vedeva cose in anticipo. Cose che ad altri sfuggivano”.
Quando lui ha smesso, lei non c’era già più.
“Ma ho seguito la vicenda. Si capiva che qualcosa che non funzionava all’interno. Forse andava accompagnato con un po’ di semplicità in più. Spalletti ha gestito tutto, dovevano essere anche altri a prendersi certe responsabilità”.
Luis Enrique?
“Un uomo straordinario, coerente, vero. Non c’è un calciatore della Roma che non lo abbia rimpianto. Eravamo tristi quando ci ha detto che se ne sarebbe andato. Purtroppo quella Roma non aveva i calciatori giusti per il suo gioco”.
Con Zeman, invece…?
“Era così un po’ con tutti. Non c’era dialogo, a parte con Totti, che conosceva da anni. L’atmosfera era pesante. Mi dava fastidio che non parlava. Il gestaccio al derby? Non mi aveva fatto giocare, ero nervoso, in più abbiamo anche perso. Dopo il gol mi sono sfogato, poi gli ho chiesto scusa. Poi è arrivato Andreazzoli e non ho mai capito perchè non abbia giocato la finale con la Lazio di Coppa Italia”.
Dzeko è troppo buono come diceva Spalletti?
“Edin è una splendida persona, è una fortuna per chi ce l’ha in squadra. Io lo definirei un giocatore e un ragazzo positivo, oltreché un grande calciatore”.