Non ti curar di loro ma vinci e passa!

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L’allerta meteo presagiva il peggio, eppure alla fine si è tutto risolto con una pioggia fitta ma breve, come le crisi di gioco e di ritmo mostrate dalla Roma nelle uscite precedenti. Poco è importato infatti, se fossero solo delle frazioni di gare di inizio stagione, se l’avversario avesse collezionato due finali di Champions League negli ultimi 5 anni o se il Var non avesse fatto il proprio dovere, quando un rigore avrebbe potuto chiudere la partita, o se la Dea bendata fosse stata avversa negando la gioia del gol per ben 3 volte, soffiando il pallone sui pali. Ha fatto tutto parte del gioco, ovvio, ma tutte queste possibili giustificazioni, non sono bastate al povero Di Francesco per difendersi dai commenti, o meglio dagli attacchi, che sono piovuti, per rimanere in tema, sul suo conto negli ultimi giorni.

Dopo neanche 270’ l’allenatore giallorosso dunque era già sulla graticola, perché i suoi limiti tecnici e di personalità erano già venuti a galla, perché non in grado di gestire la squadra, perché alcuni giocatori non digerivano i suoi dettami, tanto da lamentarsi a fine partita, a caldo, come dicono quelli bravi, perché a caldo si esprime sempre quello che si pensa.

Eppure è bastata una vittoria roboante, quanto scontata, con il Verona, per mettere a tacere tutti. Nainggolan e Dzeko, male interpretati dopo l’Atletico, hanno prima smentito con le parole la loro riluttanza al tecnico e poi, ieri sera, con i fatti, così da non lasciar spazio a possibili fraintendimenti.

Un 3-0 netto, dove gli ospiti nulla hanno potuto, perché troppo fragili al cospetto della Roma. La gara non è mai stata in discussione e i padroni di casa sono stati bravi ad indirizzarla sui binari preferiti, a far capire che non poteva esserci risultato diverso dalla vittoria casalinga. Partenza rapida e forte, un palo con il piccolo funambolo, Under, qualche occasione mancata da Dzeko, che però si fa perdonare aprendo l’azione dell’1-0 di Nainggolan e con i due gol che mettono la parola fine ad un match che, forse, non è mai iniziato.

Nonostante la poca consistenza della squadra di Pecchia, i giallorossi hanno comunque mostrato segnali incoraggianti, sia nel gioco che nel ritmo. I cambi, ben 5, apportati da Di Francesco rispetto ai 270’ precedenti, hanno dato l’effetto sperato, ovvero maggiore brillantezza. La catena di destra, ad esempio, si è rivelata, finalmente, in grado di creare di gioco. Florenzi, tornato in campo dopo ben 320 giorni, fa capire come si possa abbinare la corsa alla qualità per tutti i 90’, Pellegrini, al debutto dal primo minuto, non si ferma mai, recuperando in fase difensiva e supportando in quella offensiva e infine, il giovane turco, lascia intravedere sprazzi di classe sopraffina, ma il segreto è lasciarlo lontano dai riflettori, augurandosi che non incroci la luce dei flash, rimanendo disorientato.

Un passo alla volta, dunque, come la Roma di Di Francesco.

Il resto non ha bisogno di commenti o elogi, perché era già palese nonostante i risultati poco appariscenti.

La classifica non andrebbe guardata, soprattutto quando si ha un match in meno rispetto agli altri, si dovrebbe analizzare il gioco, il tempo che si è avuto a disposizione per preparare la stagione con tutta la rosa al completo, le squadre che si sono affrontate, il cambio di modulo, degli interpreti e soprattutto dell’allenatore. Tante possibili giustificazioni che avrebbero dovuto rimandare il giudizio di qualche settimane o mese, elogiando gli aspetti positivi e notando, con un occhio di riguardo, quelli negativi.

Ma sarebbe stato semplice, fin troppo, così meglio parlare di Spalletti, delle sue 4 vittorie e dei 12 punti, quando Di Francesco ne aveva solo 3, ora 6. Il primo dunque è un fenomeno, il secondo un brocco, dimenticando le critiche fatte quando sedeva sulla panchina della Roma, il Porto, l’eliminazione dall’Europa League con il Lione o quella dalla Coppa Italia con la Lazio del giovane Inzaghi. Quello è il passato, il presente ora vede un nuovo obiettivo da “eliminare”, perché non crediate che il peggio sia alle spalle, perché le apnee giallorosse torneranno, come normale che sia, e con loro anche i tiratori scelti.

Edoardo Albanese

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