“Tifiamo solo la maglia”, slogan del vecchio mondo Ultras, anzi, del vecchio mondo Ultrà, “i calciatori passano, la maglia resta”, ci hanno sempre detto i vecchi tifosi, quelli che ognuno di noi dovrebbe stare ad ascoltare per ricominciare ad assaporare quell’antico modus di stare vicini alla propria squadra, senza per questo voler entrare nel merito della querelle curva-prefetto-presidente.
Gli slogan di cui sopra valgono sempre, valgono per tutti ma non per Totti.
Chi è stato il più grande calciatore di questa o quella squadra? O meglio, chi è il giocatore più rappresentativo della storia di questo o quel club? Probabilmente le risposte sarebbero le più disparate, ovunque, tranne a Napoli e a Roma.
Ancora oggi girando per qualche vicolo del capoluogo campano si possono vedere guaglioni vestire la maglia n. 10 che fu di Maradona, ancora oggi, da ragazzini che non lo hanno mai visto giocare e che forse sono figli di padri che proprio all’epoca del Pibe erano poco più che ragazzini.
A Roma ancora oggi la maglia n. 10 è la più venduta, la più indossata e anche la più contraffatta dai figli di una città che forse oggi come mai non potrebbero nemmeno permettersi di spendere quei 100 euro, ma nelle case del romano forse la Bibbia non c’è, ma la maglia del capitano deve esserci.
Oggi Roma è una città più triste rispetto a quando Francesco iniziò a tirare i primi calci ad un pallone, anche lo stadio lo è, vuoto come mai; ma quando ieri sera il tecnico di Certaldo ha deciso di regalare quei minuti di capitano agli spettatori è stato quasi come un interruttore che manda la scossa alla lampadina, un riaccendersi di speranze, un dimenticarsi delle strade mendicanti e delle serrande chiuse, un lasciarsi alle spalle mafia capitale e i mezzi pubblici che non passano mai, le buche, il degrado, la militarizzazione di Piazza S. Pietro, la pioggia che manca, lo smog che “strozza”.
Soltanto per 30 minuti.
Se un uomo solo può tutto questo, se dall’Alaska alla Patagonia, dalle Filippine agli Emirati Arabi quando dici che vieni da Roma davanti a te troverai sempre qualcuno che ti risponde in senso incompiuto: “Totti”, allora mi perdoni davvero la Lupa Capitolina, ma mai come oggi questo ragazzo di 40 anni è il vero simbolo di questa città.
Domenico Rimedio
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