Daniele De Rossi, centrocampista della Roma e della Nazionale ha rilasciato importanti dichiarazioni durante la conferenza stampa direttamente dal ritiro dell’Italia a Coverciano.
Queste le parole del giocatore giallorosso:
Condizione fisica attuale: “E’ ottima nonostante questo piccolo fastidio al tendine, una parte del corpo per me delicata. Ci ho sofferto per parecchio tempo in passato. Da un anno non sentivo più niente grazie al lavoro incredibile fatto a Roma, era praticamente scomparso, ora il fastidio è riuscito fuori a causa di campi un po’ duri, ma anche quando ha fatto molto caldo la scorsa settimana e si è infiammato. Ho letto un po’ di preoccupazione anche un po’ eccessiva. O ti fermi e la curi o ci giochi sopra e continua ad essere un po’ infiammato, ma a livello fisico ed atletico mi sento bene come non mi sentivo da tempo.”
Motivazioni nello spogliatoio da parte di Conte:
“Lui punta tanto sul motivare il gruppo. Lui riesce a toccare le corde giuste e motivare veramente un calciatore. Siamo evidentemente non favoriti, però abbiamo l’orgoglio storico degli italiani. Siamo una buona squadra, siamo molto organizzati e stiamo lavorando molto fisicamente, quindi è giusto essere consapevoli di non essere favoriti ma è giusto essere consapevoli che potenzialmente possiamo battere ogni squadra contro la quale giochiamo. Ci sono stati anni con la Roma in cui ho vissuto una situazione simile: squadra non creata per vincere, ma tutti quelli che giocavano contro di noi sapevano che avrebbero potuto perdere contro di noi come avrebbero potuto vincere. Bisogna dare consapevolezza ai nostri avversari che possiamo batterli, soprattutto dobbiamo creare in noi questa consapevolezza.”
Querelle Totti-Spalletti: “Non ci credo (ride, ndR). E’ sempre spiacevole per un giocatore quando ci sono delle tensioni nello spogliatoio. Tensioni molto grandi da quello che si percepiva all’esterno e molto meno grandi per noi che le vivevamo quotidianamente. Quando si tratta di uno degli allenatori più forti della storia della Roma e del giocatore più forte della storia della Roma, a Roma si crea una catastrofe. Non è stato mai utile parlare di questa storia, chiunque ne parlava non dava aiuto ma creava solo scompiglio, sia all’interno che al di fuori. Non ne ho mai parlato proprio per questo, non vedo perché dovrei farlo ora. E’ molto poco interessante oggi, è molto poco interessante per quello che devo andare a fare e ormai dovrebbe essere poco interessante anche per voi.”
Cosa manca alla Nazionale per eguagliare quella del 2006: “La differenza grande era che le altre volte ero praticamente sicuro fino all’ultimo giorno. Inconsciamente ma anche consciamente avevo la sensazione che se anche avessi fallito le 2 amichevoli prima della convocazione sarei stato comunque nei 23. Uno dice sempre che se la deve giocare, ma in cuor tuo sai che non è vero. Sapevo di far parte della spedizione del 2010, in quella del 2012… Sei conscio e consapevole della graduatoria dell’allenatore. Mentre per quest’allenatore conta molto la condizione atletica. Per gli infortuni avuti in questa stagione, la prima in cui soffro di questo tipo di infortuni ripetuti, potevo essere un punto di domanda per l’allenatore. E lo ero. Quindi ho dovuto fare un lavoro diverso per approcciarmi a questo tipo di appuntamento. Gli altri anni partivi per lavorare e preparare quelle partite, questa volta sono partito sapendo che per me era decisiva anche la partitella del giovedì perché dovevo dimostrare di star bene come sto.”
Quando lascerà la Nazionale e pronostico per questi Europei: “Non mi pongo problemi di scadenza. Un obiettivo era raggiungere la convocazione, ma non era il mio obiettivo principale. Non è che vengo qui a gonfiare il petto e festeggiare la convocazione all’Europeo perché per me è una cosa normale, senza spocchia. Per me è normale essere nei 23 dell’Italia. Il mio obiettivo è fare un grande Europeo e vincerlo. La convocazione era un primo passo, visto che è dura vincere l’Europeo senza essere convocati. Non c’è una scadenza secondo me, la scadenza la deciderà il prossimo allenatore se c’è gente più forte di me o se c’è gente più adatta al suo modo di giocare. Tante volte uno dà l’addio per anticipare questa scelta degli altri, per dire “Non mi ha cacciato lui, me e sono andato io”, è un po’ una furbata ma non ho questi problemi. So qual è il percorso di un calciatore, so che il calcio finisce, so che la forma fisica va a scadere. Io mi sento molto bene, ma se sarò ancora in Nazionale il prossimo anno lo deciderà il prossimo allenatore – che non so chi sia -, non lo deciderò io prima. Non mi vergognerei se non mi dovesse più convocare, penso che sia il normale svolgimento delle cose. Io ci tengo molto, lascerò ogni porta. Non si dà l’addio alla Nazionale a meno che non ci siano grosse difficoltà a seguire la propria carriera nel club per via degli impegni della Nazionale. Quello può essere un fattore che può condizionare la permanenza in Nazionale. Questa per me è una squadra che può vincere contro chiunque, anche contro le più forti. Dobbiamo dimostrare che possiamo vincere 7 volte contro squadre così forte. Dobbiamo passare il turno e poi giocare tutte finali. Quando arrivi agli ottavi è una finale, se no vai a casa. Idem per le partite successive. Poter vincere contro tutti è una cosa che già abbiamo. Dobbiamo diventare una squadra che potrà vincere 7 volte contro i 7 ostacoli che dovrà scavalcare.”
Se la presenza di alcuni calciatori non al meglio della propria forma posa essere uno svantaggio: “Purtroppo non lo sappiamo, qualsiasi cosa io dica adesso potrei essere sbugiardato in vista delle prossime partite, quelle che contano. Si può leggere in tutti e 2 i modi: gente più fresca o gente meno allenata, meno abituata a fare partite di alto livello. Sicuramente il lavoro che facciamo qui è durissimo, forte il più duro che io abbia mai fatto con i vari allenatori che ho avuto. Con la Juve era un’arma in più. Nonostante avessero doti tecniche evidenti, avevano anche forza e una resistenza fisica molto superiore agli avversari. Sono fiducioso che possa essere un’arma in più anche per noi, nonostante ci siano meno partite. Possiamo sfruttare questa cosa rispetto alle squadre avversarie.”
Aspetto tattico voluto da Conte: “E’ un vantaggio assoluto avere un allenatore che cura tanto il lato tattico, per qualsiasi giocatore. Il sapere dove sta il tuo compagno anche senza guardarlo per un calciatore mediamente intelligente è una cosa importantissima. Ci sono quei giocatori che li butti in campo e giocano tutto d’istinto, e là è un altro discorso, ma sono pochi e se non sono accompagnati da una squadra organizzare non fanno nulla. Avere un allenatore che ti insegna la tattica e a percepire dove sono i tuoi compagni, ti aiuta ad aiutare e ad essere aiutato. Per me è un vantaggio che deve essere sfruttato. La posizione può cambiare, c’è chi ti chiede di essere più alto, chi di schiacciarti sulla linea difensiva. Quelle sono sfaccettature più o meno importanti, ma l’impostazione molto attenta alla tattica, sia qui che a Roma, personalmente mi fa star bene. Credo sia un aiuto per tutti.”
Sui problemi fisici avuti in stagione: “A Roma non ho avuto problemi al tendine, ma muscolari, al polpaccio e al flessore. Ho avuto problemi alla caviglia. Non mi sono mai curato con l’idea di fare l’Europeo. Era un qualcosa che c’era, lo sai, però proprio un paio di questi infortuni me li sono fatti proprio per non aver pensato all’Europeo ma per rientrare al più presto con la Roma. Con il Real Madrid non è stato probabilmente normale il fatto che io sia sceso in campo, ma non rimpiango di averlo fatto perché è il mio modo di essere. Se avessi pensato all’Europeo me ne sarei stato al caldo del mio palchetto a vedere i miei compagni giocare. Invece ho sempre cercato di forzare il rientro perché volevo dare una mano ai miei compagni, perché mi piace giocare a calcio, perché l’allenatore me lo chiedeva e perché pensavo che non mi sarei rifatto male. Ho cercato di recuperare e di curarmi per la Roma, perché all’ultimo abbiamo avuto quest’opportunità di arrivare secondi, un obiettivo reale ed importante per noi. Naturalmente più mi avvicinavo a fine maggio più sapevo che gli obiettivi diventavano due: finire bene con la Roma anche per guadagnarsi un posto qui in Nazionale.”
Se si sente di consigliare alla Roma di puntare di più sui giovani italiani visto il poco apporto di giallorossi in Nazionale a differenza del blocco Juve: “La Juve ha portato sempre tanti giocatori in Nazionale, da sempre è così. E’ normale che sia così, è una delle squadre più importanti del nostro campionato. Essere 3 in Nazionale su un gruppo di 23 non è neanche troppo poco. Siamo più di quelli di Inter, Milan e Napoli, come quelli della Lazio. I giocatori italiani nel giro della Nazionale ci sono anche alla Roma. Se c’è una cosa che non devo consigliare alla mia società è quella di investire sui giovani, due sere con la Primavera abbiamo appena raggiunto per l’ennesima volta la finale scudetto. Non è l’obiettivo principale di una società, ma ti fa capire che ci puntano tanto. Negli ultimi anni sono sempre stati lì, ad alti livelli, sia con la Primavera che con gli Allievi e i Giovanissimi. Questo è solo un merito in più a Sabatini, Conti e Massara, gente che il settore giovanile lo vive a 360°. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, non solo quest’anno. Un anno non arriva fino in fondo la Primavera ma arrivano gli Allievi e i Giovanissimi. La Primavera per due anni di seguito è arrivata nelle fasi finali della Champions League dei giovani, non è un risultato italiano, ma europeo e internazionale. Il settore giovanile è un qualcosa di importante, ti può dare giocatori come me, Florenzi o Totti, oppure ti dà giocatori da poter vendere per poi comprare un giocatore più pronto. Queste sono dinamiche che conosciamo tutti, il settore giovanile diventa anche un introito importante in quel senso. Puntarci è giusto e credo che la Roma lo faccia meglio di chiunque. E non ho parlato dell’allenatore della Primavera perché mi sembra anche scontato… (ride, ndR). Non ne parlate mai neanche voi a Roma, perché vi guardate bene dal farlo. E’ sempre lo stesso quello che arriva in finale. Non parliamo mai né io di lui né lui di me a livello pubblico. Noi De Rossi non siamo mai troppo pubblicizzati a Roma, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti.”
Quanto si sente italiano: “Legato al calcio? Lo avete visto, non siamo qui a salvare la patria ma, per quello che si può dimostrare, ho sempre dato grande rilevanza a questa maglietta, ho sempre sentito forte la mia appartenenza. E’ un po’ la mia storia, sia a Roma che in Nazionale, mi sento sempre investito di una carica e una missione importante da compiere. Essere italiani deve portarci a ritrovare quest’orgoglio che nel calcio è più facile ritrovare rispetto alla vita di tutti i giorni, dove siamo un po’ sfiduciati, pessimisti e arrabbiati tra noi connazionali. Ma è sempre un qualcosa di molto importante. Bisognerebbe cercare di unirci. Il calcio ogni 2 anni ci porta a tifare per la stessa squadra, dovremmo cercare di farlo anche nella vita, anche se non è facile.”
Sulla scelta della maglia numero 10 a Thiago Motta: “I numeri di maglia sono importanti quanto sei un po’ più giovane, cose un po’ più frivole che ti sembrano più importanti, scaramanzie. E ne ho avute anche io. Quando c’è stato da prendere il 10 l’ho preso controvoglia, senza averlo mai chiesto, ma perché lì era nata una cosa geopolitica. Storia vecchia, ma non la ritengo una cosa molto importante. Non credo l’abbia scelta Thiago ma l’ha accettata perché secondo me ragiona un po’ come ragiono io. Non è il sogno della sua vita giocare con il 10, non credo gli importasse più di tanto, ma l’ha accettata perché è un ragazzo eccezionale, non crea problemi, sicuramente non lo fa per la scelta del numero. Ma la gente che si diverte a parlare di lui e a paragonarlo a altri grandi 10 del passato dovrebbe venire a fare due passaggi con Thiago Motta e vedere come tocca il pallone e pulirsi la bocca prima di parlare di un campione del genere che ha vinto tutto nel mondo e nei club. Speriamo vinca anche adesso nella Nazionale. Stiamo parlando di un giocatore che dal punto di vista tecnico forse è l’unico che merita davvero il 10 per quello che è nell’immaginario popolare del 10. Naturalmente ha caratteristiche diverse da Baggio, da Totti, da Del Piero, ma tecnicamente è un maestro degno del numero 10”.
Assenza Pirlo: “Manca al calcio italiano, mancano tanti di questi campioni. Altre volte le spedizioni italiani avevano sempre 2 o 3 stelle assolute che ti potevano risolvere la partita in qualsiasi momento. Lui poteva farlo ed era anche costante nella qualità di gioco. Ha fatto una scelta l’allenatore a non convocarlo, ha fatto una scelta lui ad andare a vivere nel posto più bello al mondo che c’è per vivere. Lo sento spesso, manca nella quotidianità, ma sono contento della scelta che ha fatto. Ha ragionato sapendo dell’Europeo alle porte e sapendo che andando lì potesse avere meno spazio. Aggrapparsi per forza a un ruolo qui in Italia non lo vedo necessario e forse non lo vede neanche lui.”
Se gli piacerebbe andare in America: “Non ne dobbiamo parlare oggi. Mi piacerebbe provare un’esperienza lì. Se devo vedermi lontano da Roma, non mi vedo alla Juve, al Milan o all’Inter ma mi vedo in un calcio anche emozionalmente lontano da Roma, che come distacco possa essere completo e distante dalla Roma, non un qualcosa che possa andare a competere in qualche senso con la squadra del mio cuore. Il Boca? Anche, ma qui poi facciamo lo Slideshow che facciamo a Trigoria, ma questo è un altro discorso che oggi non voglio fare. Il prossimo anno sicuramente giocherò con la Roma, quindi è inutile parlarne ora.”
Infine in quale modulo si potrà vedere il miglior De Rossi: “Non lo so. In allenamento siamo tutti forti senza avversari, in campo devi vedere come ti metti quando l’avversario ti mette in difficoltà in un certo modo e in un certo modulo. Sono cose che si vedranno, parlarne prima non ha senso, potremmo essere smentiti in un batter d’occhio già alla prima partita. Dall’alto della mia età sono aiutato, questi moduli bene o male li ho fatti tutti quanti. Alla Roma giochiamo con un modulo ancora diverso. La conoscenza dei diversi moduli e diverse maniere di affrontare lo stesso modulo può essere un vantaggio in più, è un serbatoio importanti per i cambiamenti in corso di partita.”