Il DS andaluso ha rilasciato alcune dichiarazioni alla Gazzetta dello Sport di cui proponiamo uno stralcio:
Qual è il suo bilancio dopo 20 mesi di Roma?
“I bilanci si fanno quando finisce un progetto e il mio è ancora lungo. Se penso alla stagione scorsa è positivo, mentre questa finora non è buona. Ma non saranno alcuni risultati a cambiare il mio modo di pensare e a farmi passare l’entusiasmo di lavorare a Roma. Ogni giorno sento che mi dimetto o che mi mandano via. No, resto alla Roma. Il mio obiettivo è arrivare al successo in modo graduale, ma continuo. Capisco che ora la prima necessità del tifoso sia vincere, ma è importante anche essere sempre competitivi ad alto livello e vicini al successo. Meglio così, piuttosto che vincere solo una volta e poi nulla. Roma è la Capitale e in città la stragrande maggioranza è romanista. Sapevo che sarebbe stato stimolante e difficile: grande tifoseria, pressione, anche mediatica. Ma gli alti e bassi dell’ambiente non sono un alibi per me. Ovunque quando si perde c’è una crisi. Succede al City, alla Juve, al Bayern, in ogni grande club. E la Roma, anche se non ha vinto molto, è grande perché è importante. Certo a volte bisognerebbe imparare a vedere anche il grigio e non solo il bianco o il nero. Vorrei che si raccontasse meglio e a 360° che cos’è questo club, e penso che questo non venga fatto. Al di là di qualche risultato o di un acquisto giusto o sbagliato, per me la nostra è una società modello e mi dispiace che a volte rimanga in secondo piano rispetto ai giudizi su Monchi o Di Francesco. La Roma è di più di quello che si legge o si sente”.
A proposito di Di Francesco, ha faticato a difenderlo?
“Non è stato difficile perché c’era fiducia al 100% nella mia idea di tenerlo. E tutti l’hanno condivisa. Io sono il responsabile della mia area e se Monchi è convinto, non si discute. Dopo si farà il bilancio a fine stagione. Certo, poi ci sono i momenti. Si perde a Udine o a Bologna o si pareggia in quel modo a Cagliari, e vorrei uccidere il mister e me stesso. Ma lì prevale il tifoso. La mia fiducia in lui era grande quando l’ho preso, oggi che ci lavoro insieme è ancora più forte”.
Capitolo rinnovi…
“Ci sono sono situazioni diverse. Alcune saranno valutate a fine mercato, altre al termine della stagione. E c’è Zaniolo che, visto il rendimento, forse sarà il primo. Noi abbiamo venduto giocatori importanti per sistemare i conti, perché una società modello deve rispettare le regole. Poi tutti sappiamo, che in Italia e all’estero ci sono club che fanno finta o prendono strade diverse. Ma oggi la nostra idea è costruire una grande squadra, per questo dico che Zaniolo è il futuro della Roma non sarà venduto. Avrà un percorso lungo e importante in questa società. Lui è come un palazzo che stiamo costruendo piano piano, ma se non lo facciamo bene poi può crollare in un attimo. Ne ho visti tanti di talenti che si sono persi”.
La Roma ha già tanti giocatori italiani, aumenteranno?
“Io ho tanti difetti, ma due grandi virtù: riconosco quando sbaglio e mi piace imparare. Il Monchi che è arrivato qui aveva una conoscenza indiretta del calcio italiano, oggi lo conosco meglio e ho capito che è più opportuno prendere giocatori italiani. Tra gli acquisti fatti, spesso quelli che sono andati meglio sono gli italiani. Non significa che trascurerò il mercato estero, ma la Roma sarà in futuro molto italiana”.
Che mercato farà a gennaio?
“In estate la Roma ha investito tanto, le cose importanti le abbiamo già fatte. Cerchiamo solo giocatori che alzino il livello della squadra. Non è facile, ma ci proveremo fino alla fine. Ma come qualità e quantità siamo pronti, ne sono sicuro. Piatek? Sarebbe possibile, se non chiedessero 70 milioni. Per me è forte, ma lo è al Genoa. Siamo convinti che lo sarebbe, per dire, anche al Chelsea? Mancini? Adesso impossibile, ma in estate è diverso, mentre Bennacer ci piace, ma se ne parlerà a giugno. Dendocker e Ozyakup impossibili, esattamente come Herrera”.