L’11 ottobre 1961 Losi e compagni alzarono sul cielo della capitale la Coppa delle Fiere, trofeo internazionale organizzato dalla Fifa.
In occasione dell’anniversario della vittoria, il capitano di quella giornata di festa è intervenuto ai microfoni di Centro Suono Sport nel corso della trasmissione Bar forza lupi, condotta da Massimo D’Adamo, coadiuvato in studio dalla dottoressa Antonella Coricello e da Gabriele Gerini. La redazione di Canale Roma ha avuto l’opportunità di intervenire in diretta e interloquire con “Core de Roma”.
Quello fu il primo trofeo internazionale di una squadra italiana: “Si ma nessuno gli diede importanza perché l’abbiamo vinto noi. Era come la Coppa Uefa di adesso. Due anni dopo la vinse la Juve e diventò importante”.
L’ha sollevata e la tenne in mano lei per tutta la cerimonia: “L’ho sollevata e non l’ho data a nessuna. Pensavo fosse mia, tutti me la chiedevano ma non la passavo. Il giro di pista è stata una cosa bellissima in uno stadio pieno di gente, come sempre a Roma”.
Come andarono i festeggiamenti? “E’ finita lì. La società non ha festeggiato con noi come si fa oggi, alla grande. E’ stata una bella serata, abbiamo vinto per la grande voglia di farlo e per questa squadra”.
Dopo 53 anni abbiamo sfiorato altre imprese come contro il Liverpool e l’Inter in coppa Uefa: “Speriamo che adesso questa squadra ci dia delle soddisfazioni anche perché ho fiducia in squadra, allenatore e società, che sta facendo delle cose che prima non si facevano. Sta ritirando fuori la storia della Roma e ci sta rendendo partecipi di questo gruppo importante”.
Sui fatti di Juve-Roma: “Ero già abituato. Anche quando giocavamo noi se c’era da favorire qualcuno, favorivano sempre loro. Se ne esce con forza d’animo. Essere bistrattati in campo da certi personaggi non fa bene ma bisogna avere la forza di dimostrare di essere meglio di loro. A volte si cadeva nell’errore di lasciarsi andare per le partite successive ma non deve succedere”.
Lo sfogo di Totti? “Uno sfogo naturale. Cosa doveva fare? Deve dire quello che pensa, e poi non ha offeso nessuno dicendo la verità. Io non potevo parlare, quando andavo a rivolgermi a un arbitro con le mani dietro, andavo a parlare dicendo la mia e cercando di far notare gli errori. Gli altri capitani erano ascoltati, a me dicevano “Stia zitto e vada via”. Roma è sempre stata bistrattata. Ci tiravano le monetine in campo in tutti gli stadi dopo la famosa colletta del Sistina. E’ successo allora ma anche adesso è lo stesso”.
Tornando alla Coppa delle Fiere, fu una manifestazione lunghissima nella quale si avvicendarono anche due allenatori. A chi attribuisce il merito di quell’impresa, a Foni o a Carniglia? “Io dico che i meriti vanno dati a tutti e due. Foni ci ha portato alle finali, Carniglia ci ha fatto vincere. Tutti e due hanno messo in campo ottime formazioni. Abbiamo fatto anche delle belle dopo una sconfitta e una vittoria e il merito va entrambi”.
Cosa vuol dire essere capitano a Roma? “La caratteristica importante è quella di sapersi comportare in una certa maniera in campo e dare tutto. Totti e Di Bartolomei lo hanno fatto, come il sottoscritto. Ancora oggi mi fermano in mezzo alla strada e mi chiedono l’autografo, qualcuno gli avrà raccontato che giocavo sempre alla morte. Ho un record che è quello di non essere mai stato squalificato. Ho preso un’ammonizione all’ultima partita della mia carriera ma me la sono meritata, ero solo in difesa emettevo giù gli avversari per fermarli. Io giocavo di anticipo e in velocità e pur giocando a uomo andavo sempre sulla palla.
da www.canaleroma.it