La Roma apre e chiude il match, ma l’Inter fa il resto.
Se si potesse descrivere la partita in poche righe, questo forse sarebbe il modo migliore. La squadra giallorossa parte a spron battuto, figlia dell’ottimo momento, e per i primi 20 minuti dimostra perché meriti il 3 posto e perché da quando è arrivato Spalletti, abbia conquistato 10 punti in più dei nerazzurri.
Corre, pressa, fa girare il pallone, crea ma non segna. Manca qualcuno al centro dell’area che concluda.
Gli uomini di Mancini si mostrano un po’ spiazzati da tanta tecnica e maestria, ma l’allenatore ex City impiega venti minuti a prendere le contromisure; ovvero due uomini fissi o quasi, su Keita e Pjanic.
Le due punte più Brozovic infatti, hanno l’arduo compito di limitare i registi giallorossi, ma ci riescono con ottimi risultati. I numeri 15 e 20 con il completo rosso, sembrano in affanno e sbagliano molti passaggi, sia per meriti altrui sia per demeriti propri. Troppo leziosi in alcuni frangenti.
La partita sembra un deja vu, con Spalletti a fare gioco e Mancini a festeggiare. L’uno diverte e l’altro vince.
Tornando alla gara, l’impostazione capitolina resta così in mano ai due centrali, che la rallentano preferendo non rischiare con passaggi orizzontali o verso il portiere.
La Roma va in difficoltà e non riesce ad arginare la potenza fisica interista, le otto vittorie consecutive e il conseguente dispendio di energie fisiche e mentali, si fanno sentire.
Il secondo tempo comincia così come era finito il primo, con l’Inter che pressa e riparte in contropiede e con il mister di Certaldo che suggerisce a Nainggolan e Perotti di muoversi tra le linee di centrocampo e difesa avversaria. Il movimento di questi ultimi, disorienta leggermente la fase difensiva nerazzurra, che non corre però, molti rischi.
Gli ospiti appaiono meglio di condizione e mettono la Roma alle corde, costringendola a sbagliare così come accade in occasione del gol dell’1 a 0. Perotti scarica con affanno verso Manolas che completa l’opera regalando la sfera agli avversari. Con due passaggi arrivano in porta dal lato di Florenzi e vanno in vantaggio grazie a Perisic, con la complicità di Sczcesny. L’ala ex Wolfsburg è stata per tutto il match una spina che si è infilata perfettamente nel fianco destro giallorosso. Florenzi mostra dunque le lacune difensive che un terzino non dovrebbe avere.
Il vantaggio fa cambiare le carte in tavola, da partita per chiudere il discorso terzo posto a match che rimette, quanto di buono fatto, in discussione.
Spalletti lo capisce inserisce la punta che serve per finalizzare, Dzeko.
Il numero 9 si muove ma purtroppo come un elefante in negozio di cristalli. Distrugge e getta alle ortiche quanto di buono creato dai compagni.
Per carità qui non si sta trovando un capro espiatorio, ma Dzeko entra in partita leggermente sottotono e con il morale sotto le scarpe, forse perché deluso dalle scelte del mister, che lo inserisce tra i titolari solo quando l’avversario non è di livello. Anche se, a difesa del bosniaco va detto che con lui in campo la Roma crea molto di più, aiuta la squadra ad attaccare e il suo ingresso agevola il forcing finale.
La Roma quindi, ha una reazione di orgoglio e rabbia; ma se tiri in Curva la prima occasione per pareggiare o l’arbitro ti nega un rigore netto grazie al colpo di testa di Dzeko o Handanovic para anche l’impossibile, allora tutto diventa più difficile.
Gli occhi e i pensieri dei tifosi vedono e pensano che tutto sia già scritto. Ma la fortuna per una volta è dalla parte giusta e così un tiro sbucciato dell’attaccante bosniaco diventa un assist per Nainggolan, il migliore non solo per la rete, che trafigge il paratutto Handanovic.
Da lì un poi c’è poco altro da segnalare, con la squadra di casa che ci prova ma è poco precisa e con l’Inter che perde tempo, capendo l’importanza del pareggio, che li lascia ancora in corsa.
La lotta al terzo posto resta, dunque, almeno per il momento, invariata. Il risultato della Fiorentina modificherà, forse, la classifica.
La sosta arriva però nel momento giusto, così da permettere alla Roma di ricaricare le pile in vista dello sprint finale.
Spalletti sa già come e cosa fare. Tutti uniti e concentrati seguendo le linee del tecnico, che nel dopo partita del giorno della festa del papà, si comporta da padre bonario. Un conforto quando si perde, una tirata di orecchie quando si vince.
Come quella che arriva nei confronti del partente Sabatini, che viene invitato, con parole dirette e decise, a pensare al bene della società e ad evitare discorsi futuri nel momento di massima concentrazione per gli obiettivi presenti.
Ancora una volta il nuovo mister dimostra di conoscere le vecchie abitudine e di non lasciare nulla al caso.