Filippo Roma, giornalista e inviato della trasmissione “Le Iene” è intervenuto alla trasmissione “Bar Forza Lupi” su Centro Suono Sport 101.5 FM
Meno di un anno fa hai dedicato servizi a problemi del sistema arbitrale. Cosa pensi delle polemiche più recenti come giornalista e come tifoso?
“Possiamo partire dal caso clamoroso del rigore negato di Monza-Roma, simile ad un’inchiesta che ho fatto l’anno scorso su un arbitro della Serie A, il quale ha detto che l’uso del VAR spesso è legato a ragioni politiche piuttosto che tecniche. Se l’arbitro non è ben disposto è meglio non richiedere il VAR, anche per una cosa da nulla. Se invece l’arbitro è dei nostri è utile chiedere il VAR per creare problemi. Credo che questo fatto, narrato ripeto da un arbitro di Serie A, sia ancora in atto e quell’episodio credo sia la cartina di tornasole di quel che ci hanno raccontato. Si può comprendere se l’arbitro non ha visto il fallo, ma non si capisce perché il VAR non sia intervenuto e ciò è veramente inquietante, perché è il segno che le cose non cambiano mai”.
Ascoltando tutti gli ex-arbitri, che sono intervenuti su diversi mass media a parlare dell’argomento, la risposta unanime degli arbitri fuori dal sistema arbitrale è che non esiste una ragione per cui un rigore evidente non è stato assegnato, né perché l’assistente davanti alla telecamera non ha richiamato il collega.
“Le uniche ragioni possibili sono due: o sono in malafede perché si comportano in base ai criteri che ho menzionato prima oppure sono degli incapaci incapaci. Non esistono altre spiegazioni plausibili. In entrambi i casi andrebbero cacciati via e sostituiti. Purtroppo nel mondo AIA l’elemento dominante non è il merito ma la politica, perciò puoi trovarti di fronte individui che ignorano la politica oppure incapaci che rimangono in auge perché proteggono la politica stessa. A prescindere da come affronti la questione il problema è sempre la politica”.
Che siano incapaci o in malafede alla fine rimangono sempre nel sistema e a volte sono anche ai vertici. Ci sono arbitri che hanno sbagliato clamorosamente in diverse partite anche decisive per le sorti di una stagione e continuano ancora adesso a sbagliare ai vertici.
“La storia è sempre la stessa, non è una meritocrazia ma domina la politica. Non voglio fare nome di arbitri, ma sospetto che figure di questo tipo vengano promosse dal sistema non per merito, ma per altri motivi”.
L’arbitro è una delle figure professionali più protette perché se un giornalista sbaglia viene richiamato dall’ordine e subire sanzioni, dalla sospensione alla radiazione; l’ arbitro può sbagliare, ma non paga mai.
“Stiamo parlando di un sistema, quello arbitrale, che si autoalimenta e si autoprotegge, perciò non esistono controlli. Esistono sanzioni, ma sempre per motivi non trasparenti. È una specie di muro di gomma in cui tutto viene ripassato, perciò un arbitro può sbagliare e fare comunque una splendida carriera Ci sono lati del mondo del calcio talmente oscuri che non riusciamo a darci una spiegazione. Nemmeno noi che facciamo giornalismo d’inchiesta riusciamo a volte a capire a fondo. Milioni di spettatori ci seguono, quindi non si può ignorare un’inchiesta delle Iene. Eppure, una volta arrivati fino ad un certo punto, il sistema si chiude a riccio per impedire al giornalismo d’inchiesta di fare luce”.
Da giornalista ti occupasti anche del caso Mourinho-Serra. Molti tifosi pensavano che una volta che Mourinho avesse lasciato Roma e l’Italia, le cose sarebbero cambiate per la Roma, invece ora si sta peggio di prima.
“Mourinho ovviamente non c’entra niente. Nei 54 anni, da quando sono nato, ho sempre visto la Roma danneggiata dal mondo arbitrale. Non capisco il motivo, dato che non abbiamo mai danneggiato nessuno, avendo vinto solo 3 scudetti. Nonostante ciò, ci hanno sempre riservato questo trattamento speciale in senso negativo prima, durante e dopo Mourinho. È proprio un destino triste quello che ci appartiene, quella di Mourinho è solo
una scusa”.
Anche perché, quando allenava l’Inter, Mourinho era amato dal sistema arbitrale…
“Infatti, è stato necessario per lui allenare la Roma per provare sulla propria pelle la differenza tra noi e le grandi squadre del Nord”.