Le acciughe fanno il pallone che sotto c’è l’alalunga, se non butti la rete non te ne lascia una

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Cerchiamo di “non confondere il piacere con l’amore”, il romanista vero sapeva che oggi non sarebbe stata una giornata di piacere, lo sapeva da ieri, quando Napoli e Juve facevano bottino pieno mettendo pressione a chi sotto pressione non ci sa stare.

Ennesima occasione buttata? Forse non si può più definire come tale, forse sarebbe il caso di iniziare a chiamare “conferme” queste prestazioni della Roma, nessuna novità.

Quando le acciughe fanno il pallone vuol dire che sotto di loro c’è l’alalunga, il predatore pronto a farne un sol boccone se non sei lesto a buttare la rete. Ma cosa interessa a noi delle acciughe? Noi che siamo abituati a ostriche e caviale. Noi preferiamo starcene lì a guardare l’alalunga che mangia al posto nostro, amiamo starcene lì a imprecare perché ha rubato il nostro bottino, perché siamo fatti così.

Proclami, promesse, buoni propositi. Poi? Poi vai a Cagliari e l’alalunga mangia al posto tuo, poi vai a Firenze, a Torino, a Empoli, a Bergamo e ancora lì a pensare che di quel magro bottino non te fai nulla perché ti dà anche fastidio maneggiarlo e puzzare di pesce.

Intanto altrove continuano almeno a riempire le proprie pance mentre tu torni a casa a mani vuote, e ai tuoi figli che chiedono cibo prometti che prima o poi mangeranno, ma li lasci a trascinarsi, a sentire quell’odore lontano di ciò che per oggi li avrebbe fatti contenti.

E oggi si, anche per tutti quelli che “se avesse espulso Toloi”, “ho nominato il nome di Dio, l’ho nominato invano. Con un coltello piantato nel fianco gridai la mia pena e il suo nome: ma forse era stanco, forse troppo occupato, e non ascoltò il mio dolore”.

Ora sotto col Pescara, lì sono certo che mangeremo il branco di acciughe, tanto l’alalunga sarà già lontana da noi.

Domenico Rimedio

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