L’estate romana era stata rovente, non solo per il clima, ma perché il caldo portava con sé un’aria diversa, frizzante che trasudava speranza, sogni di gloria.
A differenza delle precedenti non era partito nessun big, il mercato era stato fatto vendendo giocatori poco importanti o calciatori che a Trigoria non avevano mai, o quasi, messo piede. Inoltre c’era la consapevolezza, il desiderio di vedere in campo Castan e Strootman. Due guerrieri prima di essere due grandi giocatori.
Inoltre era sbarcato a Fiumicino Edin Dzeko, l’attaccante che la città eterna aspettava da quasi 15 anni, l’erede di Batistuta, quello che non avrebbe fatto rimpiangere e notare il naturale quanto inevitabile tramonto di Totti.
Il bosniaco con la maglia numero 9, anche se lui amava quella dell’anziano Capitano, è stato accolto da una folla incredibile che aveva sfidato il torrido sole dei primi giorni di agosto, incurante dei possibili malori perché quello era l’ultimo tassello che mancava per tornare a vincere.
I giorni passarono così come l’afa, ma tutti quei progetti che sembravano tanto realistici diventarono visioni, suggestioni, semplici sogni ad occhi aperti. Eppure la vittoria contro la rivale delle ultime due stagioni, la Vecchia Signora, aveva illuso veramente. Sembrava tutto così palpabile.
Invece tutto si sciolse come neve al sole. Ma il problema non erano i gradi celsius troppo elevati, ma una gestione che era arrivata alla sua conclusione.
Ma per capirlo, accettarlo ci volle tempo, troppo. Più trascorrevano le giornate e più si logorava il rapporto tra il tecnico francese e la squadra, tra Rudi Garcia e la tifoseria. Neanche il fondo toccato con l’eliminazione dalla Tim Cup subita contro il più che modesto Spezia, servì a voltare pagina.
Passarono i giorni aspettando chissà che cosa eppure nulla sembrava smuovere la dirigenza romanista, ma nel frattempo le prime in classifica prendevano il largo, mentre la Roma rimaneva al palo.
L’anno nuovo portò nuove idee e Spalletti sulla panchina giallorossa. Tanti saluti a Garcia, peccato per l’almeno un mese di ritardo. Non perché la colpa fosse solo la sua, perché sarebbe folle affermare ciò, ma come spesso accade gli allenatori sono sempre i primi a pagare. Più facile e comodo esonerare una persona che cambiare 11 calciatori. Senza dimenticare gli errori di chi la società di Trigoria la gestisce.
In poco tempo però il tecnico di Certaldo risollevò l’umore e la classifica di chi pian piano stava morendo senza batter colpo. La bravura tecnica e tattica del mister ritornato fu aiutata anche dai due nuovi acquisti Perotti e El Sharaawy.
Il tifoso giallorosso tornò ad esultare e a gioire per una vittoria, per un’azione ben giocata, per il tocco del singolo e per la magia del gruppo.
L’idea di rigiocare la Champions sembrava una chimera invernale e invece oggi è diventata quasi realtà. La vittoria con il Napoli infatti avvicina clamorosamente i partenopei, ma allontana quasi definitivamente l’Inter di Mancini.
Con 7 punti di vantaggio dalla quarta e con 3 partite alla fine dei conti, la Roma è certa di disputare i preliminari della Coppa dalle grandi orecchie.
Le 3 giornate che mancano forse faranno godere, urlare e applaudire, potranno condurre Totti e compagni all’approdo diretto, faranno si che il fantastico inno risuoni all’Olimpico almeno tre volte, lasciando il tifoso libero di sognare di nuovo. Perché lo merita vista la sofferenza appena patita.
Sperando però che non diventi una nuova illusione, perché quella che doveva essere la stagione del trionfo, quella cominciata con gli oltre 10 punti di vantaggio dalla Juventus, si sta concludendo con una terza o al massimo seconda posizione.
Eppure oggi dirigenti e calciatori erano tutti lì a festeggiare per un traguardo raggiunto, dimenticando di aver sbagliato bersaglio, perché purtroppo la città dove si brinda davvero risiede in Piemonte.
Edoardo Albanese
Da juventina: analisi puntuale e appassionata, straordinariamente rispettosa degli avversari!
Bravissimo!