Il fenomeno dei fenomeni, 22 secondi che può mettersi soltanto lui

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“Non sapevo dove andare, non sapevo come esultare”. Queste le parole di Francesco Totti, eppure non ha rilasciato dichiarazioni. Infatti queste parole raccontano un’altra storia, quella del 4 settembre 1994, data del primo gol del capitano con la maglia della Roma.

Ciuccio solo accennato in occasione del rigore, spontaneità come 22 anni fa in occasione del primo gol. Già, 22 anni fa, un anno per ogni secondo che ha diviso il suo ingresso in campo dall’apoteosi. Ma i secondi successivi sono stati ancora più belli e se vogliamo più malinconici. La corsa verso una Curva che grida da casa, dal ristorante, dai divani di mezza Roma ma non da lì, lì dove lui ha segnato in altre 99 partite. Quel rigore poi lo ha fatto entrare di diritto sul gradino più altro del podio, quello del più grande rigorista di tutti i tempi.

Ma torniamo ai 22 secondi. Cosa sono se paragonati a 40 anni? Cosa sono se paragonati a 754 partite? Eppure in questo momento quel piccolo spazio temporale sembra volersi appropriare di tutta una carriera, perché se è vero tutti o quasi potranno vincere un mondiale, se tutti o quasi potranno siglare 303 reti con un’unica maglia (quella della propria città), forse nessuno potrà gustarsi quei 22 secondi sulla soglia dei 40 anni, quando se sei bravo a parlare forse partecipi a qualche trasmissione tv (vero Boban?), quando i più fortunati allenano, quando quasi tutti fanno delle maniglie dell’amore un sintomo del “mezzo del camin della loro mezza via”.

Ma lui no, lui quei 22 secondi li ha spesi per passare in mezzo ai ragazzini della sua squadra e di quella avversaria, al rallentatore, quasi come se fosse invisibile per poi materializzarsi soltanto per metterla dentro, ancora una volta, un’altra ancora…e ancora un’altra Francè, non fermarti più perché l’ultima pagina su di te io non la voglio scrivere, non adesso, non ancora.

Domenico Rimedio

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