Gianni Togni: “Perché romanista? Già soltanto per il nome”

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Romano e romanista, esponente di quel cantautorato italiano e di quel Folkstudio che per molti non avrà nessun significato, ma per chi lo ha vissuto e per chi (come il sottoscritto) avrebbe voluto viverlo è simbolo di quella parte della storia della nostra città, che continua a meritare un occhio di riguardo; è in questo contesto che possiamo inquadrare Gianni Togni, che la Redazione di Canale Roma ha avuto il piacere e l’onore di intervistare in esclusiva in concomitanza dell’uscita del suo nuovo album “IL BAR DEL MONDO”.

Prima di passare al calcio, alla Roma, parliamo di questo suo nuovo lavoro. Tra la ricercatezza dei testi e la musicalità possiamo trovare rock, indi, pop, orchestra praghese, ma si può dire che le tue ultime fatiche siano difficili da decontestualizzare dai primi anni di carriera e dal Folkstudio? “Sono momenti diversi. E’ ovvio che la mia voce è stata un trait d’union ma sono due momenti diversi. Da lì in poi sono uscito dall’ingranaggio e ho iniziato una collaborazione con artisti del calibro di Pino Palladino, Mel Collins e così via. Ho scritto album più complicati e i musical che sono stati una grande formazione. Ora con calma ho ricominciato a fare dei dischi ma oggi mi posso definire un pop alternative, non seguo la logica da radio o da successo immediato, faccio quello che penso sia meglio fare. Chi può dire cosa sarebbe stato senza il Folkstudio? La cosa incredibile è stata quella di passare da lì all’apertura dei concerti dei Pooh. Avevo 18 anni e i soldi chiaramente mi servivano ma mi dovetti presentare con dieci brani nuovi perché i brani del Folkstudio, molto pop e straordinari, sarebbero comunque stati astrusi e ho fatto bene perché alla fine ho aperto i loro concerti per 3 anni”.

Proviamo a giocare con calcio e musica. Proviamo a fare un parallelismo tra “Il giocatore”, brano del tuo ultimo album che racconta della “compulsività” dell’individuo in una sala slot, e il tifoso di una squadra di calcio:  “In qualche modo per le frange più estreme il parallelismo tiene. Un uomo che guarda lo sport deve avere di fronte a se un’altra vita, che non è solo quella di seguire una squadra perché altrimenti diventa un vizio che si può trasformare anche in violenza, come chi gioca a poker o si chiude in una sala slot esprime una certa violenza nei confronti di chi lo circonda soltanto per provare il brivido di un istante. Anche io amo la Roma ma non divento violento con gli altri solo per poter scaricare la mia rabbia, perché ripeto  la vita non è solo quello. Il calcio nella mia vita è una parte di tante altre passioni. Il giocatore gioca per il nulla la propria vita e la mette a repentaglio, così come quella delle persone che lo circondano”.

Anche “Comparsa” potrebbe essere un brano perfetto per quei calciatori che non hanno mai rubato l’occhio ma portato sempre la palla più pesante sui piedi degli “attori protagonisti”? “Si, è così. Sono quei giocatori che spesso sono in tribuna o in panchina. Ti prendo ad esempio Ubaldo Righetti. Un attimo di successo in cui giocava dappertutto, nazionale, nazionali giovanili, Roma, e dopo un successo straordinario che durò un paio di stagioni? Questo è il successo che spesso, come ho scritto in questo brano, “non ha regole e non ha sapore e quando sembra tuo se ne va”. La comparsa invece accetta di essere quello che è, senza tristezza, anche con felicità, fa quello che gli piace e lo può fare con attenzione e passione  senza diventare primo attore, e senza tutti quegli applausi che ricevono i campioni, ma ha una vita appagante e di aiuto per gli altri, per la squadra, per il film, per il gruppo con cui collabori ma non suoni. Ma è già fantastico  collaborare e mettere la propria professionalità nelle mani di una squadra, di un gruppo musicale, di un film”.

“E forza Roma facci un gol, poi griderò”, quali sono state le emozioni di aver sentito cantare la curva sud sulle note di “Luna”, quello che forse è il tuo brano più riuscito di sempre? “Tantissima emozione. Quando mi invitarono allo stadio perché la curva cantava questa canzone in realtà io ci andavo già ma non me ne ero mai reso conto. Una emozione paragonabile ad un grande successo, e un coro così grande mi ha veramente commosso. Più che colpito rimasi stupito per un mio brano cantato dalla gente in un grande stadio”.

“Semplice”, altro brano di grande successo, ripreso però dalla tifoseria della Lazio: “Non ho potuto impedirlo. So che anche la Salernitana la utilizza. Lì per lì ci rimasi male perché da buon romanista non mi ha fatto molto piacere. Il bello è che loro sanno che io sono romanista e quindi ha vinto la canzone. Hanno scelto la mia canzone nonostante tutto e, lo dico  senza cattiveria, forse non hanno nessun cantautore dalla loro parte che possa creare cose migliori (ride, ndr).La Roma per esempio ha i due più bei inni mai scritti per una squadra di calcio e abbiamo degli artisti che vengono saccheggiati da altri perché ce li ha abbiamo solo noi“.

Perché romanista? “Romanista fin dalle elementari. Quando si sta con i compagni tutti di Roma…anche se conoscevo ragazzini che tifavano la Spal soltanto perché era la più debole (ride, ndr). La Roma non solo perché sono nato qui ma è un qualcosa che già solo per il nome mi fa piacere tifare anche se non avesse mai vinto nulla”.

Le prime partite e i primi idoli? “Ero molto affezionato a Rocca e poi la grande passione è scoppiata con Liedholm. Portò un gioco favoloso, quello che oggi chiamano tiki taka altro non è che la ragnatela del barone. Anche se il Barcellona lo giocava velocissimo non si sono inventati niente, lui fu il primo, erano gli anni del catenaccio e quella fu una bella rivoluzione. Quella è stata la più bella Roma. Un gioco straordinario che ho rivisto con Spalletti, che non ha vinto il campionato ma avrebbe potuto farlo.  Poi ho avuto anche molti amici calciatori. Tolgo Totti dalla mischia perché è troppo facile ma c’è stata la Roma del secondo scudetto che secondo me aveva dei calciatori pazzeschi, anche se dal punto di vista estetico il gioco mi piaceva un po’ di meno. Capello secondo me arrivò nel momento in cui il suo modello di gioco era già in caduta. Secondo me dietro al gioco del calcio deve esserci una cultura umanistica e quando vedi una certa bellezza estetica in alcune squadre è perché c’è una certa cultura, non solo sportiva ma perché c’è una conoscenza che deriva anche dallo studio dell’arte, della letteratura, della pittura, lo vedi sia dagli allenatori che dai calciatori che diventano campioni oltre misura e che spesso sono quelli che hanno voglia di conoscere e di studiare, di capire ciò che li circonda, e non è mai un caso”.

Giochiamo un po’ con la musica. Associamo un pezzo musicale alla Roma e uno al capitano Francesco Totti: “Per me Francesco Totti è “We are the champions”. Il campione assoluto. Uno dei pochi eroi legato al mondo del calcio e credo che sarà l’ultimo. Per la Roma se la trasliamo un po’ potremmo dire che è “Bella e impossibile”. Quest’anno per esempio è partita talmente bella che questo tracollo sembra quasi impossibile, deve essere successo qualcosa, forse abbiamo esaltato qualche calciatore che non era così forte e anche qui mi riallaccio al discorso sulla mancanza di quel qualcosa legato alla cultura”.

Grazie mille per la bella chiacchierata e un forte in bocca al lupo da parte di tutta la Redazione di Canale Roma per il suo ultimo lavoro “IL BAR DEL MONDO”

Domenico Rimedio

da canaleroma.it

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