Morgan De Sanctis ha svelato cinque segreti su se stesso al portale asroma.com.
Il portiere a cui mi sono ispirato da bambino… “Walter Zenga è stato parte della mia infanzia: era fortissimo, istrionico e di grande personalità. Per un bambino era facile legarsi a un personaggio come lui. Ero piccolo e non riuscivo ancora a capire la sua tecnica, ma riuscì a colpirmi immediatamente: era esuberante, carismatico e tra fine Anni 80 e inizio 90 fu un riferimento per tutti i ragazzini che si avvicinavano al ruolo di portiere. Oltretutto riuscii anche a giocarci contro, in Serie B, quando affrontai il Padova: lui era lì a fine carriera“.
Un grande del calcio che ho preso come esempio… “Chi ha influenzato la mia carriera sotto diversi punti di vista è Angelo Peruzzi. Sono arrivato alla Juventus a 20 anni ed ero materiale grezzo da plasmare: avevo bisogno di un portiere più esperto al mio fianco. Lui tecnicamente era fantastico, pulito, poco spettacolare ma molto efficace: mi aiutò tantissimo. Ovviamente caratterialmente era pacato e diversissimo da me. Il fatto di vederlo sereno prima, dopo e durante le partite aiutava molto. Sull’atteggiamento pre e post match mi ci rivedo, ma in gara sono molto diverso. Forse perché ho sempre giocato in piazze molto calde, che spesso ti coinvolgono di più“.
Il compagno di squadra che mi ha aiutato di più… “È il compagno di squadra che mi ha fatto da chioccia. Quando avevo 17 anni mi prese sottobraccio e mi accompagnò verso il mio esordio nel calcio professionistico. Era lui il titolare del Pescara in Serie B, lo sostituii per un infortunio e da quel momento in poi diventai il primo portiere. Fu così bravo da seguirmi in un percorso che stava palesemente penalizzando lui e premiando me. A proposito di quel periodo, non si può non citare Gino Di Cenzo, che era il nostro allenatore: scelse di lanciare un giovane come me in un campionato molto competitivo, cosa che non era affatto semplice e immediata“.
Le persone che mi hanno reso l’uomo che sono… “Se parliamo del De Sanctis uomo che conosciamo oggi non è possibile pensare ad altre persone al di fuori di mia madre e mio padre. Tutto quello che sono come uomo lo devo a loro: ho avuto due genitori stupendi alle spalle che hanno sempre fatto di tutto per tenermi con i piedi per terra e per starmi vicino. Questo percorso poi si è completato all’età di 19 anni, quando ho conosciuto quella che sarebbe stata la mia compagna di viaggio, mia moglie, che caratterizza la seconda metà della mia vita. Assieme a lei sono riuscito a costruire una bellissima famiglia“.
“Sono una persona che sorride molto, mi ritengo fortunato proprio perché ho una bella famiglia. E in questi tempi, quando la serenità è spesso l’eccezione, non è cosa da poco. Avere dei figli fantastici, che vivono in una città come Roma, è una fortuna che si sposa perfettamente con gli obiettivi che un uomo ha e con quello di cui ha bisogno un atleta: e cioè una testa serena“.
A chi ho chiesto consigli prima di arrivare alla Roma… “Il primo contatto l’ho avuto con la Società, nello specifico rappresentata da Walter Sabatinie Mauro Baldissoni. Poi mi sono subito preoccupato di parlare con quelle persone che già conoscevo e che sapevano moltissimo della romanità, ho sentito infatti Perrotta, Vito Scala,Totti, De Rossi e anche Aurelio Andreazzoli, che avevo conosciuto nel mio percorso all’Udinese. Raccolsi da queste persone una serie di contenuti, che erano però condizionati dall’ultima parte di stagione poco positiva, cioè la 2012-13. Tutti mi spiegarono che a Roma ci si giocava anche la possibilità di poter essere amati e apprezzati. Per me si trattava di una situazione continuativa del percorso che stavo facendo a Napoli e francamente ho ritrovato tanta passione e un grande attaccamento alla squadra. E, non appena arrivato, l’ho subito capito: questo è quello che differenzia sostanzialmente le piazze come Roma rispetto ad altre“.