C’è un cuore che Bate nel cuore di Roma

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Una società che funziona, e in questo caso non stiamo parlando di società calcistiche, è una in cui ognuno ha il proprio ruolo e ognuno conosce i propri compiti. Il benzinaio mette benzina, il fornaio prepara il pane per tutta la comunità, l’idraulico ripara i tubi, il fabbro lavoro il metallo. Semplice no?

Perché nel calcio da qualche anno a questa parte non è più così? Questo articolo nasce da alcuni commenti ascoltati al bar, letti sui social, usciti fuori in alcuni discorsi con amici e conoscenti. E’ mai possibile che un tifoso mercoledì speri che la propria squadra perda per ottenere un esonero che è una questione che nemmeno gli compete?

Quando qualche anno fa dalle casse dell’Olimpico partiva l’inno qualche sciarpa in sud mostrava il motto “Tifare è un dovere di tutti, riuscirci è un onore di pochi”. Pensavo non fosse vero, credevo che ognuno a suo modo avesse il diritto di tifare come meglio credeva, e lo penso ancora. Chi il giorno della partita mette sempre la stesse scarpe, chi come me beve sempre il primo caffè della giornata nella stessa tazzina, chi canta, chi preferisce stare in silenzio, chi insulta e chi osanna, chi esulta all’assegnazione di un rigore e chi chiude gli occhi mentre lo stesso viene battuto, chi piange per una sconfitta e chi piange per una vittoria. Ma chi ride per una sconfitta quello no. Non credevo che il motto stampato su quelle sciarpe potesse tornarmi alla mente e non credevo nemmeno che in qualche maniera mi sarei trovato a dargli ragione.

Ognuno faccia quello che vuole ma non si definisca tifoso. Ognuno ha un proprio ruolo stabilito si diceva all’inizio di questo articolo e per capire meglio il significato dell’essere tifoso non c’è modo migliore di andarsi a leggere l’etimologia della parola.

Tifo: dal greco typhos, febbre, offuscamento della mente

Febbre, offuscamento della mente, quindi perdita di quella lucidità e di quella razionalità tipiche di altri, sicuramente del tecnico, forse dei calciatori, a volte dei presidenti, ma non dei tifosi. I tifosi, quelli veri, durante la partita devono mantenere quella irrazionalità che sul 3-0 per gli avversari a 10 minuti dalla fine li porti a pensare che non è ancora finita.

Se si tifa contro la propria squadra per un fine che non è la vittoria, allora non si è tifosi ma si è un’altra cosa.

Quindi mercoledì sera si dovrà prendere una posizione, benzinaio o fornaio, idraulico o fabbro, ma non soltanto per 90 minuti.

Domenico Rimedio

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