Anche Fabio Capello ha parlato della situazione di Francesco Totti. Queste le sue parole a La Repubblica sul capitano della Roma.
Alla fine l’addio al calcio di Totti lo ha annunciato il nuovo ds Monchi, arrivato a Roma soltanto dieci giorni fa. Le fa effetto? “Doveva avere il coraggio di dirlo, hanno fatto arrivare apposta dalla Spagna uno che potesse comunicare una scelta così”.
Le ha ricordato un po’ l’annuncio di Agnelli sulla fine del contratto di Del Piero?: “Ma no, Del Piero non c’entra niente, è dovuto andare all’estero. Totti ha giocato fino a 40 anni, no? E allora! Francesco dalla Roma è stato tenuto fino alla fine, come Baresi e Maldini. Questi che restano tutta la vita con una maglia vanno rispettati ma sono anche fortunati”.
Si aspettava quando lo allenava lei che la carriera di Francesco durasse così tanto?: “No, sinceramente. Lui aveva avuto qualche infortunio e non piccolo. Non pensavo fisicamente potesse durare così tanto. Perché poi era più propenso a ingrassare. È stato bravo lui ma anche la moglie, Ilary: il matrimonio gli ha giovato, ha imparato a curarsi, a prendersi cura del proprio corpo”.
In che modo è cambiato Totti dopo aver lavorato con Capello?: “In quegli anni, giocando a quei livelli, ha capito che serviva una grandissima professionalità, il dover pensare a essere professionista. E poi ha capito che prima poteva giocare solo col talento e che col passare degli anni invece serviva curare di più anche tutto il resto”.
Pensa che avrebbe dovuto smettere un po’ prima? Magari in un momento migliore per lui e per la Roma?: “Ma no… Lasciare il campo è difficile, si pensa sempre di poter dare qualcosa. A volte cambi perché ti senti meno amato, o magari perché cambi società e non avverti la stima. Lui è amato, coccolato dal suo pubblico, diventa dura smettere. Come dicevo, successe lo stesso a Baresi e Maldini: sono pochi eletti, parliamo del top del top”.
Un rimpianto legato alla carriera di Totti lo ha? Poteva vincere di più?: “Lui, ma anche io, la Roma… Potevamo fare qualcosa di più, sì. Nel 2002 sbagliammo una partita col Venezia, altrimenti avremmo vinto il secondo scudetto. Non era come adesso, c’era un’altra competitività, oggi puoi anche permettertelo un errore. Eravamo tutti in tre punti, mica come adesso”.