Assolti i tifosi della Lazio autori del coro “giallorossi ebrei”

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Durante la partita del 30 marzo 2013 due supporter della Lazio hanno intonato il coro “giallorossi ebrei”.  I due tifosi della squadra biancoceleste sono stati assolti.

 

 

 Al processo però non ha seguito nessuna condanna dato che secondo il gip Ezio Damizia “Il fatto non sussiste: l’espressione ha la finalità di deridere la squadra avversaria ed è ricollegabile allo storico antagonismo“.

Ciò ha scatenato la reazione della Presidente della Comunità Ebraica di Roma Ruth Dureghello, che ha scritto una lettera al Ministro della Giustizia Andrea Orlando e al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Giovanni Legnini.

 

 

Egregio On. Orlando,

Egregio Avv. Legnini,

con grande inquietudine e preoccupazione vi scrivo in merito alla recente sentenza emessa dal GUP del Tribunale di Roma, riportata tra l’altro da alcuni organi di stampa, sulla base della quale due tifosi denunciati per  diffusione di odio razziale dopo aver intonato il triste e ricorrente coro “giallorosso ebreo”, sono stati prosciolti perché il fatto non sussiste. 

Secondo le motivazioni della sentenza, per quanto è dato leggere nei citati articoli di stampa, le espressioni incriminate sono state ritenute confinabili all’ambito di una rivalità di tipo sportivo il cui intento era la mera derisione sportiva e non discriminatoria tale per cui “le modalità di accostamento della parola ebreo a giallorosso non costituiscono”, citando la sentenza, “alcun concreto pericolo di diffusione di un’idea di odio razziale e di superiorità etnica”.

Si tratta indubbiamente di un precedente allarmante per la giustizia di questo paese che, in sostanza, legittima l’utilizzo dell’aggettivo ebreo in forma dispregiativa e razzista e comunque come strumento di derisione durante gli eventi sportivi. 

E’ ineluttabile il rischio che deriverà da una acritica e passiva accettazione di questa linea di pensiero che verrà inevitabilmente assunta come discriminante rispetto a condotte che obiettivamente non meritano di trovare alcuno ingresso in qualunque contesto e ancor meno legittimazione.

Le manifestazioni sportive diverrebbero altrimenti “zone franche” dove esprimere in libertà commenti razzisti e antisemiti. 

Mi rivolgo quindi a voi con lo scopo di ribadire  che in questo paese gli antisemiti, unico aggettivo in grado di qualificare chi deride un tifoso avversario appellandolo “ebreo”, siano perseguiti e condannati e non ci sia spazio per alcuna ambiguità, soprattutto nelle aule dei nostri Tribunali. 

La nostra Costituzione e la Legge Mancino rappresentano due pilastri fondamentali del nostro sistema normativo dei quali, come cittadini italiani, primi tra tutti ad essere orgogliosi dei valori liberali e democratici  della nostra Nazione, sentiamo il bisogno di una corretta applicazione. 

Solo pochi giorni fa, durante il Giorno della Memoria, abbiamo ricordato come un crescente clima di antisemitismo nella società italiana, maturato anche nelle aule di giustizia, fu il preludio al dramma della Shoah. 

Per questa ragione è ancor più necessario intervenire per far sì che questa sentenza, che stentiamo a comprendere per la sua astratta devastante portata e le cui motivazioni attendiamo di leggere con interesse e allarme,  non produca risultati nefasti soprattutto in prossimità di eventi sportivi carichi di rischi, tensioni e conflittualità. 

Con viva cordialità,

Ruth Dureghello

Roma, lì 6 febbraio 2017

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