Amarcord: “…la vittoria, la reggia e il tristo esiglio”

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“Muta pensando all’ultima ora dell’uom fatale…

Dall’Alpi alle Piramidi, Dal Manzanarre al Reno, Di quel securo il fulmine Tenea dietro al baleno…

Scoppiò da Scilla al Tanai, Dall’uno all’altro mar.

Fu vera gloria? Ai posteri L’ardua sentenza…

Tutto ei provò: la gloria Maggior dopo il periglio, La fuga e la vittoria, La reggia e il tristo esiglio”

Di certo la penna del Manzoni non si scomodò per raccontare delle gesta legate al mondo del calcio, anche perché lo sport più praticato al mondo iniziò soltanto nel 1927. Ma nell’amarcord di oggi vi racconteremo di un 5 maggio, e le poche righe estratte dall’omonima opera del poeta milanese si sposano al meglio con quello che accadde in quelFiorentina-Roma che segnò la fine di un’epoca, la fine di un matrimonio lungo 15 anni: l’ultima partita di Giuseppe Giannini con la sua maglia.

In quella primavera del 1996, per l’appunto il 5 maggio, la Roma si giocava a Firenze l’accesso in Coppa Uefa che sarebbe poi arrivato matematicamente la settimana successiva, nell’ultima giornata di quel campionato, in casa contro l’Inter.

Nell’ultima partita del principe fu Batistuta –  il futuro “re leone” della capitale –  a sbloccare il risultato, fino a quando proprio il n. 10 giallorosso, alla sua apparizione n. 500 da professionista, non salì in cattedra.

VITTORIA – Il capitano ha guidato la sua Roma per l’ultima volta verso una vittoria, prima con un assist al bacio per Aldair – atterrato in area con conseguente rigore siglato da Balbo – poi con un millimetrico lancio da 50 metri per il 2-1 di Delvecchio e ancora una geometria perfetta per l’attaccante (allora in prestito dall’Inter), atterrato come il difensore brasiliano, con Balbo a fare doppietta dagli 11 metri. Il primo tempo si chiude sull’1-3 e nei minuti finali del match sarà ancora Delvecchio a chiudere definitivamente i conti, questa volta su assist di Gigi Di Biagio.

LA REGGIA – L’ultima partita di Giannini dicevamo, con Firenze teatro di un sipario calante, malgrado il campionato si chiudesse la giornata successiva. La spada di Damocle della diffida e la carica agonistica di una partita iniziata subito in salita, costarono al capitano la mancata uscita trionfale dalla sua REGGIA, che a causa di un’ammonizione e della conseguente squalifica non sarebbe più potuta avvenire la settimana successiva. Il suo stadio lo aveva salutato inconsapevolmente una settimana prima contro la Juve, ma quando a 10 minuti dalla fine mister Mazzone lo tirò fuori dal campo, il sottoscritto già sapeva: “A Fabrì, saluta er capitano, questa è l’ultima a casa sua”.

IL TRISTE ESIGLIO – Quel 5 maggio del 1996 e quel Fiorentina-Roma saranno per sempre impresse nella memoria di chi apprezzava le gesta del principe, che l’anno successivo spese il suo esilio in terra austriaca per vestire successivamente la maglia di Maradona e infine quella del Lecce, proprio quel Lecce che qualche anno prima lo privò  della “gloria maggior dopo il periglio“, dove gloria maggior sta per scudetto e periglio per Coppa Campioni.

Domenico Rimedio

da www.canaleroma.it

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