Ai David di Donatello questa sera Jeeg Robot porta un po’ della nostra Roma

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Questa sera si assegneranno i David di Donatello, ambito premio del panorama cinematografico italiano. Ma tutto questo cosa c’entra con barforzalupi.it e con la Roma? Tra i candidati alla statuetta c’è “Lo chiamavno Jeeg Robot”, film nel quale è protagonista il tifoso giallorosso Claudio Sanatamaria (“Sono diventato romanista guardando Totti dalla Sud”) e nel quale si tocca anche il tema derby e stadio (che non approfondiamo per non togliere il giusto pathos a chi deve ancora gustarsi la pellicola).

LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT: recensione a cura di Giorgia Zampa

Lo chiamavano Jeeg Robot è senz’altro il lungometraggio di cui avevamo bisogno. In un panorama  cinematografico mondiale in cui i supereroi stravincono al botteghino, la figura di Enzo Ceccotti, supereroe nostrano, assume un significato completamente nuovo.

Enzo è, infatti, la personificazione del senso di umanità che si va deteriorando, fagocitato da un feroce istinto di sopravvivenza, ma che resiste, nascosto nelle stanze più remote del nostro animo.

Lo chiamavano Jeeg Robot non è un film sui manga o sui supereroi, quanto piuttosto un’opera che si occupa di attualità e racconta il disagio contemporaneo attraverso un’ottica completamente diversa ed innovativa.

Protagonista è, come anticipato, Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria), un giovane ladro che, in seguito ad un incidente, sviluppa dei superpoteri, inizialmente sfruttati per attività illecite. Sarà poi l’incontro con una ragazza di nome Alessia (Ilenia Pastorelli), con disturbi psichici e un tragico passato, accanita fan del manga Jeeg Robot, a trasformarlo nell’eroe che è, pur se in maniera inconsapevole. Non può ovviamente mancare, come in ogni storia di supereroi che si rispetti, uno spietato villain, da sempre metà oscura del protagonista. Fabietto Lo Zingaro, interpretato da un sbalorditivo Luca Marinelli, è sicuramente uno dei personaggi più belli e complessi del cinema italiano degli ultimi anni.

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Fabietto non è soltanto un criminale con una passione per le più celebri icone pop italiane anni ‘80, ma è una star incompresa che si esibisce in localetti squallidi, dove nessuno gli presta la “doverosa” attenzione. Crudele, cruento, amante dell’igiene personale, folle, cinico, egoista, effeminato e stravagante, Fabio è una sorta di “Joker romano” alla ricerca di visibilità. Vive il crimine in maniera estetica, non è affamato di soldi, ma di fama. Vuole emergere, essere riconosciuto, è nato per essere una star (più volte precisa di aver partecipato al noto programma televisivo “Buona Domenica”), ha un’unica ossessione: fare “IL BOTTO”. Ma, ovviamente, la sua batteria non lo capisce, sono soltanto criminali, non comprendono la sua “arte”.

Lo Zingaro, oltre ad essere espressione del male, personifica in maniera magistrale quel sentimento di frustrazione, talvolta malato, che caratterizza chi è alla continua ricerca della notorietà in maniera spasmodica, pur non meritandola.

Un film che si avventura nelle più recondite sfumature dell’animo umano. Ma c’è anche altro. C’è Roma, con la sua maltrattata e vituperata periferia tanto cara a Pasolini; c’è lo Stadio Olimpico, le tifoserie di Roma e Lazio, c’è la nostra cultura popolare, il nostro mondo, la nostra quotidianità. Tutto questo viene sapientemente mixato con i cartoni animati della nostra infanzia, con qualcosa di irreale, ma che assume un carattere credibile e plausibile.

Si può analizzare la realtà umana attraverso l’applicazione di una dimensione surreale? La risposta è sì. Gabriele Mainetti c’è riuscito perfettamente, creando un prodotto di altissima qualità che, ci auguriamo, segni una nuova era del cinema italiano e che faccia risorgere il cinema di genere. Stasera verranno assegnati i David di Donatello e, con 16 candidature, non possiamo non aspettarci un trionfo di questo audace lungometraggio. Dunque, non ci resta che intonare: “Jeeg va,cuore e acciaio,Jeeg va,cuore e acciaio, cuore di un ragazzo che senza paura sempre lottera’”

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