Serata amara, quella della Roma di Champions, amaramente inaspettata almeno. Se infatti pochi tifosi o addetti ai lavori avevano dubbi sulle possibilità dei giallorossi di uscire indenni o con una sconfitta di misura dal “tempio degli dei blaugrana”, difficile pensare che una seppur ottima squadra si facesse praticamente 4 gol da sola. Molti fattori esterni hanno portato a questa sconfitta: la sfortuna di 2 autogol clamorosi e 2 rigori non dati (scandaloso quello su Dzeko, più accettabile, in assenza di VAR, quello su Pellegrini).
Ma la fortuna e il gradimento arbitrale sono delle squadre forti e anche questo è un segno e determinanti sono stati anche i fattori interni, che vanno analizzati bene per imparare dagli errori: i gol divorati, almeno 2 (non accettabile quello di Perotti) e alcuni errori difensivi dei singoli che fanno riflettere sulla presentabilità o meno in certi palcoscenici di alcuni protagonisti (ogni riferimento a Gonalons è naturalmente voluto). Inoltre quando il vilipeso Bruno Peres, autore di una grande partita, è il migliore in campo, vuol dire che i problemi sono tanti.
Rimane l’amarezza di aver visto una Roma solida, di carattere, ben messa in campo che ha neutralizzato Messi e tutto sommato ha concesso poco ad un Barcellona, comunque evidentemente più forte, seppur non in giornata e un buon numero di occasioni create. Purtroppo ai posteri, rimane solo il risultato, 4 a 1. L’analisi che (speriamo) venga fatta è che i giallorossi hanno pochi top player (Alisson, Dzeko e Nainggolan) e alcuni buoni o ottimi giocatori, alcuni in là con gli anni, ma mancano di campioni e di personalità.
In sintesi, speriamo sempre, la Roma da queste partite deve imparare a stare a tavola con i grandi e valutare se l’abito che indossa, le posate che usa e le maniere che applica siano congrue al tipo di tavolo a cui si siedono, ma se ogni anno diamo via tutto il buono e ricominciamo, difficilmente si assimileranno le lezioni impartite.