Al mio Capitano

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Che dietro ogni giornalista, cronista, commentatore od opinionista ci sia un’idea, un pensiero e dei sentimenti è chiaro ed è evidente, ancor più se si è tifosi e questo lavoro lo si fa solo per una passione che va oltre ogni logica. Spesso tutto questo deve essere celato, condito da un’obiettività che contraddistingue questo mestiere e che ci costringe a dover raccontare tutto con distacco.

Ma oggi sento più che mai di dover mettere da parte l’imparzialità e raccontare una storia.

La storia di un bambino di 6 anni che per la prima volta si avvicina al calcio, in una famiglia lontana dal mondo dello sport, ma soprattutto lontana chilometri e chilometri da Roma.

In un’estate afosa, l’entusiasmo era alle stelle per l’Italia di Dino Zoff che affrontava in semifinale i padroni di casa: l’Olanda di Rijkaard. La partita arrivò ai rigori e agli occhi di quel bambino risaltò la spavalderia del numero 20 della nazionale azzurra, Francesco Totti.

“Nun te preoccupà, mo je faccio er cucchiaio” quella frase detta all’amico Di Biagio poco prima di beffare Van der Saar. E poi quel colpo che diventò un marchio di fabbrica.

Le immagini si susseguivano nella testa del giovane tifoso che da quel giorno decise di seguire le gesta di quel grande campione che da qualche anno illuminava i campi della Serie A con colpi di pura classe, sfoderando una tecnica senza eguali.

Domenica dopo domenica, di partita in partita, la passione del bambino per Totti e per la Roma aumentava a dismisura fino al coronamento di un sogno: quello scudetto che in tanti aspettavano e che portava con se la firma di quel campione che solo un anno prima l’aveva fatto innamorare di quello sport.

E non finì lì. Perché l’amore venne alimentato, giorno dopo giorno, dalle vittorie, dalle partite sofferte, ma anche dalle sconfitte. Dai successi inattesi, in Italia e in Europa, ai sogni non realizzati. E il bambino cresceva insieme a quella che poi è diventata la sua squadra del cuore.

Ma sempre, in ognuna di queste partite, c’era una costante. Quel genio con la maglia numero 10, che ha saputo incantare, che è riuscito a rialzarsi anche nei frangenti più difficili e ha saputo risollevare le sorti della sua squadra anche nei momenti più complicati. Che con estro ed intuizione è stato in grado di stupire tutti con giocate che solo lui sa fare e che l’hanno reso ciò che ora è per tanti di noi, romanisti e non.

C’è rammarico, è vero, perché per un tifoso ci sarebbe sempre la voglia di vedere il proprio mito poter alzare tante coppe e raggiungere tanti successi, insieme. Ma oggi mi sento di poter dire che il più grande trofeo per tutti noi è la fedeltà di un campione che abbiamo avuto il privilegio di veder giocare ogni domenica e che per amor nostro e della sua squadra del cuore ha saputo rinunciare a trionfi, popolarità e fama, scrivendo la storia nella sua città.

Ci saremmo aspettati una fine diversa, magari salutarti con qualche ultimo record da poter stabilire o qualche altro grande risultato da poter festeggiare. Ma nonostante tutto, anche se sarà solo per qualche minuto o soltanto per un giro di campo, sarà un onore potersi alzare di nuovo in piedi per applaudirti e farti sentire il calore dell’Olimpico, sperando che sia per te un unico grande abbraccio da parte di tutti i romanisti, anche quelli che come me non riusciranno ad essere lì, e da parte di tutti gli amanti del calcio che hanno saputo riconoscere le tue doti e qualità uniche.

Con questa ultima partita, come hai detto anche tu, inizia una nuova sfida. Anche per quel bambino che è ancora dentro di noi e che oggi, a distanza di 17 anni, ti riconosce ancora come “il calcio”. Perché questo sport è un insieme di emozioni. E che tu, anche a 40 anni, ci regali ancora.

Grazie di cuore Francesco.

ANDREA SPASIANO

1 commento

  1. Pensiero per il Mio Capitano
    Quando lasci Roma per motivi ai quali non puoi rinunciare,anche se vivi poi a pochissimi chilometri dalla tua vera citta,e quando l’eta’piano piano avanza ‘,ti manca.Roma ti manca e ti aggrappi disperatamente a qualsiasi cosa persona film colori,che possa anche minimamente riempire quel vuoto incolmabile che potresti afiievolire solo tornando nella citta’in cui sei nata e hai vissuto per molti anni.Quel detto “Puoi togliere un romano da ROMA ma non Roma dal cuore di un romano”e’dannatamente,tristemente vero.Ora mi viene di pensare a Francesco,poiche’ in un certo modo forse lo capisco.Ma vorrei dirgli una cosa,Tu sei molto piu fortunato di me,anche se te ne andassi potresti sempre tornare,io non posso.Anche se te ne andassi per sempre porteresti via con te l’amore illimitato che roma e i romani nutrono per te ,io no.
    Quindi vedi Francesco c’e chi come te andra’(forse)via da Roma,ma tu come me ti attacccheresti ad ogni cosa che te la ricordi,una canzone per esempio che cominceresti a cantare a squarciagola per sentirti meglio,o come me aggrapparsi anche a quei pochissimi minuti che ultimamente ti concedevano per giocare o peggio ancora.Aggrappata all’immagine di te FERMO con gli occhi tristi,ingrigiti su quella dannata panchina.Qualsiasi cosa tu deciderai di fare,io la rispettero ma nessuno colmera’ il vuoto che lasci dentro di me.Resterai sempre e per sempre nel mio cuore,ed e’ da li’che seguitero’ a tifare per te.
    Fiammetta Segatori
    #10ForALegend #tankstotti

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