Tempo di bilanci, tempo di rileggere alcune dichiarazioni e capire, tempo di ripensare ad alcune affermazioni e farsi un’idea. Questi sono i giorni in cui vi si chiederà quale sia stata la cosa più bella dell’anno solare giallorosso, quali quella più brutta e quella più emozionante.
Quelle che seguono sono delle considerazioni del tutto personali e come tali spero che vengano prese, sottolineando che all’interno della redazione di barforzalupi.it vige autonomia di pensiero e di espressione ed esonerando da eventuali responsabilità tutti i ragazzi che hanno magnificamente contribuito alla riuscita di questo giovane progetto editoriale.
Voglio partire da quella che secondo me è stata la pagina più brutta dell’anno, che non è una sconfitta perché in campo si sa, può accadere tutto e il suo contrario, non sarà Roma-Spezia, non sarà Roma-Porto.
Il punto più basso che secondo me si è toccato nel 2016 è stato Roma-Palermo 5-0. Una vittoria netta, una Roma che si andava a prendere di prepotenza quei 3 punti che serviranno poi a fine stagione per guadagnarsi l’accesso ai play off di Champions League. Gara però sporcata dall’esclusione del capitano. Un’esclusione nata per un’intervista rilasciata da Francesco Totti alla Rai, nella quale il n. 10 giallorosso chiedeva chiarezza sulla sua posizione, forse con parole forti, ma richiesta legittima. Da spettatore esterno ritengo impeccabili anche le spiegazioni date da Spalletti al termine della gara: “Dovevo mettere ordine, devo dare rispetto a tutti gli altri”. Non credo però alle parole pronunciate in conferenza stampa il giorno prima del match, quando il tecnico disse che Totti sarebbe potuto essere titolare contro il Palermo. Parole pronunciate prima della messa in onda dell’intervista, vero, ma intervista rilasciata a pochi metri dalla sala stampa e con parte dei contenuti già trapelati in alcune anticipazioni. Parole ribadite anche nel post gara: “Se oggi avrebbe giocato? Si, non dico bugie”. Nessuno me ne voglia ma non ci credevo allora e continuo a non crederci oggi. Acqua passata, certo, ma a mio giudizio il punto più basso del 2016 è stato questo, più di Roma-Spezia, più di Roma-Porto.
Lasciamo da parte le cose meno belle per concentrarci sul resto di questo intenso anno bisestile. Sono 86 punti (NON 84! 2 sono della Roma di Garcia e frutto dei due pareggi contro Chievo e Milan, rispettivamente il 6 e il 9 gennaio) quelli collezionati dalla Roma, sono molti e non sono stati sufficienti a festeggiare qualcosa soltanto perché davanti c’è chi ne ha fatti 100. Ma tra le molte vittorie e le poche sconfitte, nel titolo si parlava di 462 cose da ricordare.
Partiamo dalle prime 2, i derby. Da buon provinciale quale sono, vincere il derby dà sempre un significato diverso alla stagione. Quello del finale dello scorso campionato troppo scontato per essere vissuto con la giusta enfasi, quello del 4 dicembre troppo bello perché giocato contro un gruppo convinto (non soltanto per colpe proprie) di essere più forte. Nel più bieco dei provincialismi di cui con orgoglio faccio parte, si è semplicemente ribadito che quella data troppo enfatizzata da “quegli altri” è stata un episodio e che in questa città che la Roma vinca il derby non è più una notizia.
Le altre 460 cose belle del 2016 in realtà sono minuti, quelli giocati da Francesco in campionato, recuperi esclusi. Questo numero mi fa impressione se penso che oltre a quei 460 quest’anno di minuti ne ha avuti altri 526 mila. Personalmente questo numero mi fa sentire derubato, privato di qualcosa che per me è stato sempre un vanto, che con fierezza mi fa guardare chi da una vita vedo alzare trofei potendo affermare senza possibilità di smentita: “Questa è una cosa solo mia, questa è una cosa che non hai mai avuto e non avrai mai”. Ora si sa, molti di voi staranno pronunciando a voce alta o semplicemente nella loro testa la classica frase: “Io so de’ ‘a Roma, mica de Totti”. Non ci provate nemmeno, non provate a puntare il dito contro a chi non vive con gli slogan di altri, ma dei propri princìpi. Il mio essere romanista, per colpe non mie, non è fatto di trofei che si possono vedere in bacheca. Il mio essere romanista è fatto di piccole soddisfazioni, di alcune cose che mi hanno sempre fatto sentire superiore agli altri soltanto per il fatto di esistere. Se me la sono presa con Sacerdoti per aver venduto Attilio alla Lazio, con Herrera per quanto accaduto con Losi, con Eriksson per aver voluto rinunciare a Agostino, con Ottavio Bianchi per aver costretto Bruno Conti a concludere una carriera prematuramente, se me la sono presa con lo stesso per aver tolto la fascia a Giannini, perché non dovrei prendermela con Spalletti? Da quando al romanista bastano degli inutili punti serviti praticamente a niente per rinunciare ai suoi ideali e alle sue convinzioni epidermiche?
Per il sottoscritto Totti ha giocato troppo poco, lo ribadisco. Forse non può giocarle tutte, forse non può giocare 90 minuti, ma di sicuro le gambe rispondono ancora bene a quello che dice la testa, malgrado quello che pensa il proprietario della nostra amata. “Tacco e punta, tacco e punta”, per me sono dei pregi e non dei difetti per chi dalla Roma non è mai scappato, nemmeno quando gli hanno presentato Zamblera come compagno di reparto.
+3. Questi più 3 sono all’interno di quei 460 minuti. Sono senza ombra di dubbio i 180 secondi più belli del 2016 e per quanto mi riguarda sono l’unico trofeo dell’anno. Roma-Torino è stata una pagina da libro cuore, una giornata che piaccia o no, a conti fatti, ha permesso alla Roma di andarsi a giocare un posto nell’Europa che conta e a Francesco sono bastate tre tacche della lancetta lunga dell’orologio per scrivere l’ennesima pagina del romanista.
“Io so de’ ‘a Roma, mica de Totti”, e perché, che differenza c’è?
Domenico Rimedio
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