Mentalità, campioni e organizzazione. Altro che l’incolpevole Gerson

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Al triplice fischio di Orsato, su tutta Roma è calato il silenzio.

Un suono sordo di incredulità, mista a rabbia e delusione. Il sogno neanche tanto velato era andato in frantumi. L’idea inizialmente lontana, poi a suon di vittorie, cullata e coccolata, oggi si infrange sulla forza dell’armata bianconera. Perché tale si tratta.

Un’armata quasi invincibile, cresciuta e modellata negli anni a suon di milioni e di allenamenti e comportamenti. Chi arrivava doveva dimostrare di essere parte integrante del progetto, funzionale ad esso e se desiderava approdare verso altri lidi, quella era la porta.

Chi restava doveva rimanerci fisicamente ma soprattutto mentalmente.

Mentalità, che come ammette con fatica, il portiere polacco Szczesny fa la differenza tra la vittoria e la sconfitta. La voglia di ringhiare su ogni pallone, di rincorrere l’avversario fino alla propria area di rigore. Costringerlo ad indietreggiare, a passare la sfera verso il proprio estremo difensore che la rilancerà verso il povero quanto isolato Dzeko.

Mentalità e giocatori ovviamente. Perché, anche se fondamentale, da sola, la prima non basterebbe per vincere. La cosiddetta rosa lunga e la qualità di essa risultano anche’esse di primaria importanza.

Ma la barca avanza, se tutti remano verso la stessa parte. Perché è vero che qualsiasi possibile giocatore presente sulla panchina bianconera farebbe un’ottima figura in molte altre squadre, ma è per pur vero che oltre al talento ci vuole anche un’organizzazione di gioco che permetta allo Sturaro o al Rugani di turno di non far rimpiangere i cosiddetti titolari, come il tanto acclamato Bonucci.

Non è facile, ma quando si cambia un solo piccolo ingranaggio di una macchina perfetta, essa può soffrire in quel momento, può necessitare di un attimo di assestamento, quasi sbandare, ma dopo i primi metri tornerà a viaggiare come prima.

Prima resta e resterà dunque la Juve. Per molto tempo, per molti anni. Fino a quando le altre non permetteranno all’incolpevole Gerson di turno di adattarsi e capire l’importanza di determinate partite, quando gli allenatori avversari capiranno che contro il Pescara, con tutto il rispetto per la squadra abruzzese, possono partire titolari o nei match dove si vince 2 o 3 a zero, 20 minuti al giovane, invece dei soliti 3 o 5, possono essere utili per averlo più pronto e meno goffo in situazioni più importanti.

Le scelte di oggi si ripercuotono su quelle di domani. Gerson ieri, ma anche Vainqueur  in estate. Perché se il brasiliano allo Stadium era l’unico arruolabile a detta del tecnico di Certaldo, allora bisognerebbe domandarsi come mai il francese è stato ceduto così a cuor leggero, quando si avevano dubbi sulla riuscita di Strootman e quando sono anni che De Rossi passa molto tempo in infermeria. La coperta sembrava corta, ma si preferiva puntare molti milioni sul possibile futuro crack mondiale, che provare a puntellare la rosa del presente.

Che poi bisognerebbe anche capire perché in conferenza stampa pre partita Spalletti affermava che se la Roma fosse partita per pareggiare, avrebbe perso la partita e poi dopo l’avvenuta sconfitta ribadiva l’ovvietà di schierare Gerson perché avrebbe coperto di più e gli avrebbe permesso magari di arrivare al 60′ con un risultato di 0-0. Qualcosa continua a non quadrare dunque, non solo Gerson e la sua gestione.

Anche perché se l’errore fosse stato solo il suo inserimento tra i titolari, allora i giallorossi non sarebbero scivolati a meno 7. Cagliari e Bergamo sono lì a testimoniarlo.

Inoltre oltre al brasiliano, potremmo citare El Sharaawy, divenuto ormai abile solo per l’Europa League o per dare fiato all’altro faraone. Senza soffermarsi neanche troppo sull’altro desaparecido Iturbe. Lì si entrerebbe in un tunnel senza uscita, dove non si riuscirebbe a capire chi ha le colpe maggiori.

Chissà dunque se Spalletti e la società giallorossa avranno capito gli errori commessi. Ma basterà poco per testare se l’amaro insegnamento avrà portato qualche frutto, basterà attendere la conferenza di mercoledì o il match di giovedì e vedere se tra i molti che sono usciti acciaccati quest’oggi, quanti partiranno titolari nella gara con il Chievo. Se il tanto criticato Gerson verrà riposto in soffitta a far compagnia agli altri due soprammobili pagati per un totale di circa 38 milioni di euro.

In attesa solo di una nuova emergenza. Senza avere poi di nuovo il tempo e il modo di metter in pratica gli insegnamenti ricevuti.

 

Edoardo Albanese

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