“Confuso”, questo leggerete sul mio epitaffio

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Hanno ragione gli amici laziali, il derby è ormai una sorta di memoriale. Una gara giocata (quasi) senza pubblico, senza le magnifiche scenografie che negli anni abbiamo potuto ammirare sia da una parte che dall’altra, anche quel Roma M… che non ci piacque, ma forse soltanto perché non eravamo stati noi a farlo. “Vi ho purgato ancora”, oppure Di Canio (e qui ha ragione il mio amico Stefano) che ci provoca e ci prende in giro sotto la NOSTRA CURVA. Ma se non si “rosica”, che derby è? Se tra le maglie degli avversari non trovi i volti di Chinaglia, Bergodi, Gregucci o Signori, Nesta e il già citato Di Canio, puoi forse prendere di mira Braafheid? Forse Hoedt? Forse Cafu oggi si rifiuterebbe di fare sombreri, perché se fai passare il pallone sulla testa di Nedved bene, rimane nella storia, ma su Patricio Gabarron non sarebbe nemmeno giusto farlo.

Oggi c’è più voglia di gioire rispetto a ieri, oggi c’è più voglia anche di provocare rispetto a ieri, ma perché? Perché ieri non poteva essere un derby, ieri non era la stracittadina. Le due curve divise tra Testaccio e Tor di Quinto, questione Totti a tenere banco dalla vigilia alla lettura delle formazioni, fino al terzo cambio e poi nel post gara. Ieri nessuno considerava l’avversario, né durante la partita né dopo, nessuno aveva capito che la Roma aveva vinto l’ennesimo derby, nessuno ha pensato che anche quest’anno si finisce sopra e con ben 7 giornate di anticipo, ieri sembrava Carpi-Roma, o meglio Roma-Carpi.

Poi arriva il lunedì, ti avvii ad attraversare la strada sulle strisce pedonali, pensi che l’auto che sta arrivando si fermerà ma sembra non volerlo fare: allora inizia la sfida, vediamo che fa. Ma mano che la macchina si avvicina vedi qualcosa penzolare dallo specchietto retrovisore, sembra un gabbiano, forse un piccione, una sorta di arbre magique a forma di pennuto, allora decidi che sarai tu a vincere, col passo lento, perché non vuoi che rallenti, vuoi che si fermi. Si deve fermare perché tu hai capito che appartiene a “quelli lì”, e allora è giusto che anche lui capisca chi sei tu, vuoi che lo capisca dal tuo ghigno.

“Confusion will be my epitaph”, questo cantava Greg Lake sulle pizzicate di Robert Fripp, ma ringrazio il pennuto dello specchietto retrovisore perché grazie a lui oggi resto si confuso, ma felice.

Domenico Rimedio

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