Seydou Keita è il protagonista di oggi di Roma Slideshow, andato in onda su Roma TV. Ecco l’intervista completa:
Lens-Lille. “I derby del nord sono molto tesi, i tifosi aspettano questa partita per tutto l’anno. La città si gioca la supremazia, sono gare importanti per il club, per i giocatori e per i tifosi“.
Sevilla-Betis. “Questo è in trasferta, sono gare incredibili. Quando le guardi, da una parte vedi i tifosi vestiti di rosso e bianco e dall’altra parte in verde, raramente ho visto una cosa simile, una cosa inaudita. Il calcio rappresenta la vita per loro. Quando sono stato a Siviglia non ho mai perso il derby, forse le abbiamo vinte tutte. In generale, tranne al periodo al Lens, ho sempre avuto la fortuna di vincere i derby. Qui ci sono Kanoute, Luis Fabiano, Dani Alves, poi sono andato a Barcellona con Dani Alves“.
Con Laporta. “Il giorno della firma del contratto col Barcellona. È un gran signore, era la realizzazione di un sogno. Ero partito da Lens e poco dopo sono arrivato lì, ho bruciato le tappe ma sono contento, sono i frutti del mio lavoro. Era una conquista per me e per la famiglia, ma anche per il Mali e per l’Africa, è una cosa che capita una volta sola nella vita, ne vado fiero. Ero orgoglioso, quando giochi in una grande squadra come il Barcellona è così, ma non è stato il giorno più bello della ma vita“.
Con Guardiola. “Con lui ho vinto tante partite, abbiamo mantenuto un ottimo rapporto. Dico spesso che il calcio è come la vita di tutti gli altri, abbiamo un buon rapporto, è un allenatore molto esigente, lo si può vedere nei suoi occhi, bada a ogni singolo dettaglio. Sono stati quattro anni fantastici“.
La Champions League a Roma. “Bellissimi ricordi. Vincerla per la prima volta era una gioia immensa, la preparazione della partita è stata complicata, c’erano anche Henry e Iniesta, non stavano bene fisicamente. Mi pare che non avevano giocato i quarti di finale. Io avevo giocato tutte le partite, loro sono tornati entrambi. C’erano solo due posti per noi tre alcuni giocatori di fascia erano squalificati, io non avevo mai giocato da terzino, mi è stato chiesto e potevo farlo, ero in ottima forma. Henry e Iniesta erano due campioni, c’erano tre giocatori per due posti, quando mi ha chiesto di fare il terzino, da un lato volevo giocare la finale, dall’altro giocare in difesa… non volevo essere egoista, ma giocare quella partita e commettere un errore era una cosa che non mi sarei perdonato. Gli parlai e dissi che non volevo essere egoista e rischiare di far perdere la squadra. Trovammo un accordo e vincemmo con Silvinho in campo, io ho giocato l’ultima mezz’ora. Eravamo contenti. Ho mantenuto un ottimo rapporto con l’allenatore. Non solo ha capito che ero un buon calciatore, ma anche un uomo che non era un egoista“.
Il Clasico. “Una grande rivalità, seguita dal mondo intero. I tifosi aspettano quelle partite, il mondo del calcio le attende. Alla fine sono partite che riempiono di gioia, abbiamo vinto praticamente tutte le partite, forse ne abbiamo persa solo una. Queste partite sono sempre molto tese, il mondo intero le guarda. Durante le settimane che precedono queste gare si parla solo di questo, la pressione è maggiore, l’ambiente è teso. I migliori giocatori del mondo sono in campo“.
Messi e Ronaldo. “I due migliori del mondo. Li rispetto molto, sono persone che svolgono il mio stesso lavoro. Fanno giocate che nessuno si sogna di fare, li rispetto. Ho giocato con Messi quattro anni, lo conosco bene, non ho mai giocato con Cristiano ma lo rispetto. Non posso scegliere, anche se Messi è un amico. Sono due fenomeni, molto più forti di tutti gli altri. La rivalità è tra loro ma non c’è motivo per renderli rivali. Per il modo in cui lavorano sono ancora loro i migliori dopo 5-6 anni. Anche per il Pallone d’Oro, uno primo e uno secondo, è sempre così. Facciamo lo stesso mestiere e riuscire a fare quel che fanno loro non è facile“.
Guardiola e Mourinho. “Non potrei chiamarla rivalità, ma nel loro modo di vedere il calcio e considerando i club si tratta di rivalità ed è da loro che parte. Sono stato con Pep quattro anni, José non lo conosco, ma per quello che ha fatto nel calcio e per quello che ha vinto merita rispetto. È uno dei migliori, tutti la pensano così. Hanno vinto tutto. Con Pep sono stato quattro anni, ho imparato tantissimo da lui. Il suo modo di pensare, l’intelligenza, il posizionamento, con lui il calcio diventa più facile. La testa è importante, fondamentale per giocare con le sue squadre“.
Esultanza dopo un gol. “Ho avuto la fortuna di segnare spesso, 5-6 gol l’anno. Si dirà che è facile segnare col Barcellona, giochi con i migliori al mondo, ma per giocare con loro devi essere molto bravo. Stavo ringraziando Dio per avermi concesso la fortuna di giocare in un club simile e per aver segnato. Credo di aver fatto 23-24 gol, è una buona media“.
Col Mali. “Orgoglio. Puoi giocare ovunque, ma difendere i colori del tuo paese è un orgoglio enorme, non facile da spiegare, maggiore in quanto rappresenti il tuo paese, la famiglia, gli amici. Contrariamente all’Europa, giochi spesso contro squadre più deboli ma c’è pressione. Non giochi solo per te stesso, conta davvero. Non saprei descriverlo. Il mio popolo mi ha dato tanto e continua a darmi tanto e anche io sono stato motivo di orgoglio per loro. È una grande gioia“.
Foto per Nelson Mandela. “Ricordo di aver firmato questa maglia, era ancora vivo. Mi emozioni quando ne parlo, ha lottato per il mondo intero. Tutti si sono ispirati a lui. Al suo modo di comportarsi, di considerare il prossimo, di perdonare. Si tratta di un esempio, che posso considerare migliore di me. Non l’ho mai conosciuto, ma il fatto di essere nato in un periodo in cui si poteva vedere in TV lo rende un uomo straordinario. Ce ne sono anche altri, ma lui ha dato questo esempio al mondo intero, non vorrei dire cose che possano sminuirlo, per me è semplicemente straordinario“.
I tifosi del Mali. “Anche se non hanno niente, fanno di tutto per seguirci. Quando giochi in nazionale dai tutto, la nostra squadra non è così forte, ma ce la mettiamo tutta, è il nostro dovere. Allo stesso modo, loro danno tutto. Non hanno niente e ci mostrano quanto sono contenti, viaggiano in condizioni difficili ma sono contenti. Sono i sacrifici che ognuno dovrebbe fare“.
L’arrivo a Roma. “Grande felicità. Era dopo il ritorno dalla Cina. Ho giocato 6 mesi a Valencia, 6 mesi bellissimi. Non è stato facile venire a giocare alla Roma, però alla fine, anche giocare nella Roma era un orgoglio immenso. Mi dicevo che la gente diceva che ero finito, eppure sono qui da due anni. Ero fiero di me stesso, per un calciatore straniero le squadre italiane sono Inter, Milan, Juventus e Roma, squadre prestigiose. Poter giocare qui mi rendeva molto fiero. Sono felice di continuare a difenderne i colori“.
Rudi Garcia. “Una persona che ho conosciuto qui. Non lo avevo mai incontrato, ma visto il mio modo di comportarmi abbiamo stabilito un grande rapporto. Conosce bene il calcio, ha dato molto a me e alla Roma, non era facile arrivare secondi anche se l’obiettivo era il titolo. Un campionato che schiera grandi squadre non era male, era un ottimo risultato. Lo rispetto molto anche se è finita male per colpa nostra, dei giocatori. Il risultato dipende sempre dai giocatori. Quando va male è sempre colpa dell’allenatore“.
Juventus-Roma 3-2. “La nostra rivalità. Partita complicata, ci sono stati tanti gol e tante azioni. Meritavamo il pareggio o di vincere. Alla fine abbiamo perso, sconfitta strana, ma non serve a niente parlarne. Abbiamo giocato bene e pur perdendo sono stati tutti fieri. Abbiamo lottato per difendere la Roma, erano contenti malgrado la sconfitta controversa. L’ambiente era carico di pressione, era una delle prime gare, dopo quella contro il Manchester City. Si vede anche da questa foto, eravamo uniti. Era un buon periodo, anche se è sempre difficile quando si perde. Malgrado la sconfitta credo che i tifosi fossero fieri“.