Dopo 7 vittorie continuative in campionato arriva la seconda sconfitta consecutiva in Champions League. La bella e prolifica Roma che sta risalendo la china in Italia, resta segregata nei confini nostrani e non riesce nell’impresa europea.
L’avversario, più per il nome e per il blasone che per il gioco espresso, già dal pronostico, lasciava presagire una sicura eliminazione.
Undici Nomi con la N maiuscola che però non dimostrano di essere squadra, ma solo un’accozzaglia di campioni.
La Roma nei due match, nonostante cambi moduli ed interpreti, giunge comunque allo stesso verdetto. Non solo nel risultato, ma anche per ciò che è stato espresso: bel gioco, buon agonismo, molte occasioni, ma zero gol.
La casella delle reti segnate rimane invariata dopo i 180′. La squadra di Spalletti costruisce ma non concretizza. Solo negli ultimi 90 minuti, 5 sono state le chiare occasioni da gol, ma purtroppo sono rimaste tali. Dzeko ne divora una, che fa molto più rumore delle 3 dell’ imprendibile Salah. Il bosniaco sbaglia, ma poi fornisce, a Salah e Manolas tre palle, tre cioccolatini che meritavano solo di essere spinti in rete. Ma ormai è già stato etichettato e bollato. Niente e nessuno potrà mai riqualificarlo. Almeno a Roma.
Il numero 9 deve segnare, peccato che lui abbia sempre voluto il 10 a dimostrazione del suo essere attaccante di manovra, abile nel segnare ma anche nel giocare per e con la squadra.
A proposito di 10, la Standing Ovation a chi quel numero lo indossa ora e, nella mente del tifoso giallorosso, lo indosserà per sempre, è qualcosa di meraviglioso. Uno stadio abituato ai campioni, omaggia chi fuoriclasse lo è da 25 anni.
Lasciando i sentimenti e tornando al match, anche se i giallorossi hanno comunque molte attenuanti è meglio lasciarle da parte e analizzare le note negative. Ripartire da ciò che si è sbagliato, facendo propria questa esperienza che si conclude in crescendo nonostante l’eliminazione.
Eliminazione che non va giù all’allenatore, che deve essere confermato, oltre che per il lavoro tecnico e tattico, ma anche per la sua gestione, per le sue parole. Come quelle a fine match dalla pancia del Bernabeu:”non si può essere contenti di una sconfitta; questo ci fa capire come eravamo caduti in basso!”
Tuona il tecnico di Certaldo, molto più leader carismatico di qualche anno fa.
La soddisfazione generata da un passivo totale di 4 a 0, lascia capire dove il povero tifoso romanista sia arrivato, ma deve soprattutto fa capire dove il povero tifoso romanista non deve più tornare!
Edoardo Albanese