ALLE RADICI DELLA CRISI

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Tutti provano a spiegare la crisi della Roma. Lo facciamo anche noi, tanto per aggiungere una voce al coro e con l’assoluta convinzione di non essere i depositari della verità (ci mancherebbe altro).

Punto primo: la squadra corre male ed è lenta nello svolgimento della manovra offensiva. Colpa della preparazione, che ha puntato troppo sulla palestra appesantendo i muscoli dei giocatori e togliendo loro velocità. E se una squadra che gioca con gli schemi di Garcia non va veloce, diventa prevedibile. Un conto è metterli in pratica a 100 all’ora, un conto a 10 all’ora- Senza ricordare che ormai gli avversari li conoscono alla perfezione e prendono le contromisure (ovvero stare tutti coperti dietro per chiudere ogni spazio e poi ripartire velocemente in contropiede).

Punto secondo: al gruppo sono venuti a mancare i giocatori di personalità. Maicon non gioca più (il ginocchio destro ha problemi di cartilagine), Strootman è fermo ai box per i postumi della seconda operazione, Castan è fermo per il cavernoma e Benatia è stato ceduto in estate.

Punto terzo: la ripetuta mancanza di vittorie ha provocato la perdita di autostima e alla prima difficoltà la squadra va in crisi. Anche perché mancano i giocatori con le palle (ci si passi l’eufemismo) di cui sopra.

Punto quarto. Il tecnico non ha schemi alternativi ed è convinto che si può giocare a pallone senza un grande centravanti. Ma nel calcio di oggi se non hai in squadra un attaccante da 15-20 gol a campionato non vai molto lontano. A meno che non corri a 100 all’ora come facevi l’anno scorso. E qui torniamo al punto primo. Come un serpente che si morde la coda.

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