“Zingaro di merda” è razzismo. “Romano di merda” no!

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Strano Paese il nostro. Ci si indigna (giustamente) per gli epiteti detti da Sarri a Mancini (frocio, finocchio), per le banane e i “buuh” rivolti ai giocatori di colore (anche in tal caso giustamente) e per la parola “zingaro” detta a chi appartiene a quella etnia, perché è parola di senso dispregiativo. Se poi ci si aggiunge “di merda”, come pare avrebbe detto De Rossi a Mandzukic nel corso di Juventus-Roma, allora è la fine. De Rossi è un razzista come Sarri è un omofobo o come i tifosi della Roma, che fanno “buuuh” a Balotelli, sono tutti membri del Ku Klux Klan e ce l’hanno a morte con i calciatori di colore. In Italia l’impeto buonista è sempre dietro l’angolo e guai a discriminare le minoranze. Tutto giusto, tutto bello, tutto vero, anche se spesso non si tiene conto delle cause che hanno scatenato quelle reazioni e, di queste, se fa una valanga quando, invece, sarebbero solo da deprecare e far passare da gesti volgari ed ignoranti quali sono. Punto. Invece li si trasforma in casi nazionali, dimenticando che il razzismo è qualcosa da estirpare in senso generale, non a seconda delle situazioni. E’ razzista, ad esempio, anche quella curva della Juventus che per tutta la partita di domenica sera (e ogni volta che i bianconeri affrontano la Roma o la Lazio) canta “chi non salta è un romano di merda”. E sono razziste anche tutte quelle altre curve delle squadre del nord che, quando arrivano quelle del sud, cantano “terroni di merda”. E’ razzista il veronese che ne grida di tutti i colori al napoletano e il napoletano che ne dice altrettante al romano. Lo scriviamo così, tanto per specificare, perché non è bello sentirsi dire “romano di merda” per due ore e poi vedere che, contro chi ti ha offeso, non succede niente, mentre se tu dici “zingaro di merda” ad uno slavo apriti cielo e vieni messo alla berlina in nome del perbenismo imperante solo a metà. Cioè quando fa comodo alla maggioranza e notizia. Che strano Paese, l’Italia, buona con tutti tranne che con i suoi figli, ai quali se ne possono dire di tutti i colori, perché (e questo andrebbe eliminato una volta per tutte in nome di un’unità nazionale che, se vogliamo, non mai stata davvero) anche tra loro se ne dicono di tutti i colori.

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