Ettore Viola: “Mio padre il più grande presidente della storia della Roma”

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Ettore Viola, figlio del compianto presidente Dino di cui proprio oggi ricorre il venticinquesimo anniversario dalla scomparsa, è intervenuto ai microfoni di Centro Suono Sport nel corso della trasmissione “Un derby lungo anno”, condotta da Massimo D’Adamo e Ennio Abbondanza.

Oggi giornata dedicata al presidente: “Tanta gente, tanta nostalgia, anche amici laziali e tante persone per bene a ricordare Dino Viola. Sono sincero, mi fa piacere. Il ricordo che hanno lasciato mio padre e mia madre a Roma è unico nel suo genere. Nel caso di mio padre e mia madre da parte dei tifosi sia della Roma che della Lazio c’è sempre stato un ricordo di stima”. 

Anche frasi belle nei confronti della Lazio all’epoca degli spareggi per la C: “C’era un calcio più educato, nessuna plusvalenza ma solo amore per la squadra”

I suoi genitori diventano presidenti ma nascono come tifosi: “Coronamento di una vita imprenditoriale passata al nord, è venuto bambino a Roma e divenuto il più grande presidente della storia della Roma. La squadra più forte d’Europa in quel momento”. 

Era difficile essere antilaziale perché era in B: “Non c’era nel campionato di Serie A, suona meglio. Sono sincero, l’avversario di mio padre era la Juve”

Il famoso violese, sempre nel rispetto reciproco con Boniperti: “Si, la rivalità imprenditoriale c’era perché l’obiettivo non era Boniperti ma Agnelli. A Torino anche qualche episodio spiacevole ma non fu mai toccato da nessuno anche se i tentativi di aggressione ci furono, dalla tribuna autorità”. 

Tornando ad oggi: “Giornata magnifica con tanti giocatori della nostra Roma. C’erano tante persone che si inseriscono nel periodo storico di Viola e di mia madre. Oggi al Verano ho visto arrivare un signore distinto con un mazzetto di fiori gialli e uno di fiori rossi che mi ha detto: <<Sono venuto a trovare i suoi genitori>>”. 

Il legame di Viola con i suoi ragazzi: “Era un padre e, nonostante le contestazioni di una frangia della curva dovuta spesso a terze parti, ha sempre gratificato, sentito, ascoltato e difeso la curva e tutta la tifoseria. Viveva in perfetta sintonia con la squadra e non privilegiava nessun fattore per un altro. Non aveva problemi di plusvalenze, cercava di fare campagne acquisti per rendere la Roma più competitiva anche contro la Fiat e la Juve. Fummo sfrattati allo stadio Flaminio, problemi di incasso, ma il merito di mio padre è stato quello di aver speso 11 anni di vita per il bene della Roma”. 

La mentalità vincente arriva dalla società: “Privilegiamo un po’ di giocatori italiani in squadra, abbelliamola con 2/3 giocatori stranieri e il risultato sarà gratificante, non dalle plusvalenze ma dagli incassi e dai risultati raggiunti sul campo”.

Quella Roma aveva giocatori di personalità: “Mio padre ha costruito la Roma pezzo per pezzo. Il calcio non si inventa e per farlo bisogna capirlo. Mio padre fu consigliere prima e aveva imparato i pregi e i difetti del calcio”.

Insieme a Ettore c’era anche la sorella, Federica Viola: 

Il legame di papà con i tifosi e la mentalità vincente “piangono i deboli, i forti non piangono mai”: “Papà ce lo ha sempre detto anche in famiglia, i principi erano gli stessi tra di noi e con la squadra, per questo eravamo una grande famiglia. Ancora adesso quando mi chiedono se sono parente e dico che sono la figlia mi rispondono che papà aveva solo due maschi. Era geloso e mi teneva nascosta”. 

Ha mai avuto un calciatore preferito? “Mai, per le ragazze della mia generazione era impossibile dare giudizi. Io sono fisioterapista e solo quando ebbe problemi Falcao papà mi chiese qualche giudizio. Ognuno il proprio ruolo”. 

C’erano dei riti in casa Viola? “Erano sempre gli stessi. Non si festeggiavano le vittorie, conte ti si ma sempre con equilibrio. Quando si vinceva si doveva vincere e quando si perdeva si doveva vincere”. 

La gioia più grande e la delusione più grande di papà? “La gioia più grande fu lo scudetto. La delusione chiaramente fu Roma-Liverpool. Io dovevo partorire a giorni e mio padre non volle me e mia madre allo stadio”.

La signora Flora: “

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