Simone Perrotta, intervistato dal AS Roma Match Program, è tornato a parlare della sua esperienza con la maglia della Roma. La più importante per lui ( 326 presenze e 48 gol), con la quale ha vinto due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana.
Come mai ha deciso di rimanere a vivere nella Capitale?
“Dopo dieci anni, io e la mia famiglia ci eravamo perfettamente integrati nella città e non avrebbe avuto senso cambiare. Inoltre, ci sono molte più opportunità di studio e di vita per i ragazzi”.
L’ultima partita della sua ultima stagione è stata la finale di coppa Italia contro la Lazio…
“Io avevo ancora desiderio di giocare, ma ho sempre pensato e voluto finire con questa maglia. Per questo ho pensato fosse giusto finire così. Volevo essere ricordato dai tifosi con questa maglia e ho fatto la scelta giusta. Io non scesi in campo in quella partita, ma certo avrei voluto finisse in un altro modo. Ma purtroppo era la finale, una gara unica e non è andata come speravamo”.
Un ricordo su tutti dei dieci anni in giallorosso?
“L’ultimo, il più vicino. Il gol a Siena una esplosione di gioia mia e di tutti i tifosi”.
Mercoledì la Roma sarà impegnata a Verona contro il Chievo, che gara si aspetta?
“Non sarà una partita facile per la Roma. Il Chievo gioca bene e farà di tutto per fare una buona partita davanti al suo pubblico. La Roma ha acquisito serenità dopo la vittoria contro il Genoa, ma non deve più perdere punti”.
La pausa natalizia potrebbe essere un fattore positivo per i giallorossi?
“Le grandi squadre, come la Roma, non hanno bisogno di pause di riflessione. Sono le vittorie che danno serenità al gruppo. La squadra ha le qualità per imporre il proprio gioco”.
Ci saranno parecchie assenze: Dzeko, Pjanic, Nainggolan. Chi potrebbe risolvere la gara?
“Siamo abituati ormai a vedere giocare Florenzi in ogni zona nel campo. Credo, inoltre, che De Rossi riesca sempre a dare equilibrio a centrocampo. E poi, Totti sta recuperando dall’infortunio”.
Garcia le piace?
“È difficile da giudicare; da fuori si tiene conto dei risultati e delle prestazioni, ma questi dipendono da tanti fattori. L’allenatore è quello che propone durante la settimana come preparare le partite, deve gestire le pressioni e il gruppo. Insomma, dall’esterno non ho elementi per giudicare”.
Il Chievo che realtà è?
“Un mondo totalmente diverso da quello della Roma. Ti accorgi di essere in Serie A la domenica quando esci dal tunnel e incontri l’avversario. È una realtà familiare dove i calciatori finita la gara tornano alla vita normale e le pressioni diminuiscono moltissimo”.
Quindi a Roma la gestione del quotidiano è molto diversa?
“Roma è questa nel bene e nel male. Se giochi bene sei Dio sceso in terra, puoi fare davvero tutto. Il rovescio della medaglia invece è che la depressione di un periodo non esaltante la somatizzi. Hai come la sensazione che tutto di un tratto sei diventato scarso e nulla ti riesce più. La cosa più difficile a Roma è certamente gestire la depressione e l’esaltazione. Io ho avuto la fortuna di giocare in altre piazze importanti, sono stato un anno alla Juve, ma un’altalena così la si vive solo a Roma”.
Se dovesse fare un pronostico per la gara al Bentegodi?
“Sono certo che il Chievo si salverà facilmente a fine stagione, quindi credo che in questo momento una vittoria serva di più alla Roma; mi piacerebbe riuscisse a vincere lo scudetto. È un campionato che vede in testa ancora a pochi punti tante squadre e manca ancora tutto il girone di ritorno, quindi il tempo c’è per fare bene”.