Quell’incapacità di provare emozioni

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“La depressione non equivale al dolore; il vero depresso ringrazierebbe il cielo se riuscisse a provare dolore. La depressione è l’incapacità di provare emozioni”.

E allora una depressione con tanto di dolore cos’è? Forse Erich Fromm non avrebbe mai immaginato che qualcuno utilizzasse ignobilmente un suo pensiero per parlare di una squadra di calcio, la prima nella storia della Champions League a prendere almeno 6 gol per ben tre volte.

Con le debite distanze da chi veramente soffre di questo tipo di patologia possiamo dire che la Roma sembra una squadra depressa. Se la mettiamo a paragone con la gioia di giocare a calcio dimostrata da chi ieri sera l’ha strapazzata, se mettiamo a confronto le parole di Maicon, che pensa che il 6-1 sia stato poco per quello visto in campo, con il sorriso di Messi, che a centrocampo tocca il pallone col destro, poi col sinistro e poi col destro di nuovo per lanciare quel fenomeno di Neymar, in un’azione fermata soltanto da una scellerata scelta del guardalinee che non vede il piede di Digne a tenere in gioco il fuoriclasse brasiliano, forse possiamo avvicinarci al concetto di squadra a paragone con una grande squadra.

La differenza che c’è tra un team finto, quello delle playstation, con uno vero, sta tutta nelle espressioni; nel primo caso mancano, sono sempre le stesse, prive di emozioni, nel secondo caso i volti dei protagonisti vivono, soffrono, gioiscono. La Roma in questo momento sembra non vivere. Se la palla che entra nella porta è la sesta rete subita le cose non cambiano, i volti sono gli stessi che vedremmo se fossimo in vantaggio per 2-0. Sugli spalti paradossalmente è la stessa cosa: i tifosi cantano sul 6-0 come se fosse stata una finale in cui si vince 3-0 a 5 minuti dalla fine, e forse lo fanno con ancora più spensieratezza.

Non è un Camp per Nou, ci venga passata la battuta, ma la verità è che non è una competizione che fa per noi. Triste realtà, dura, forse per molti non condivisibile. Battuto il Bate cosa si fa? Si bissa al Bernabeu? O nella perfida Manchester? O nella fatal Monaco? E se prendiamo il PSG? Inizieranno di nuovo a tremare la gambe?

Szczesny, Ruediger, Digne, Vainqueur, Iago Falque, Dzeko. Loro non c’erano contro il Bayern in quella maledetta serata. C’era Garcia, vero, ma non c’era nemmeno lui quando Rooney e Ronaldo si presero gioco di noi nel vecchio Trafford. Quindi?

Forse quando si parla di DNA non si esagera, quando si parla di espressione forse non si è molto distanti dal problema. Forse è lì che si deve lavorare, anzi sicuramente è lì che si deve lavorare perché il calcio è un gioco e se non si ride mentre si gioca vuol dire che c’è qualcosa che non va.

Sapete perché non ne abbiamo presi altri sette? Perché sette per tre fa 21 e a Blackjack con 21 si vince. E se si vince a 21 allora la Roma non può far altro che fermarsi a 20.

Domenico Rimedio

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