22 secondi per far urlare di gioia una tifoseria intera, per riabituarsi al suo habitat e riprendersi il suo mondo, il suo regno. Altri pochi istanti, circa 240, per far crollare il mondo, ribaltare certezze, smuovere la terra sotto i piedi, far credere di volare e far piangere, commuovere chi da anni ha superato il periodo dell’innamoramento.
Eppure dopo più di 20 anni di matrimonio Francesco Totti riesce ancora ad emozionare. A far vibrare forti i cuori, a rendere gli occhi lucidi, le mani tremanti e la voce roca e rotta dal pianto. E’ come se con lui fosse sempre la prima volta. 303 volte il primo bacio.
Gli anni passano ma non smette mai di stupire! Forse perché di amori così ce ne sono pochi e nel calcio sono ancor più sporadici, quasi unici.
Ma come ogni fiaba che si rispetti, ha un inizio un po’ tortuoso, pieno di imprevisti e di suspense. La Roma non percorre mai la strada più semplice, se i propri tifosi non rischiassero ad ogni partita di avere un infarto, non sarebbero tali.
Così il principio è in salita e poco positivo. Il Torino passa in vantaggio e al supporter capitolino sembra di vivere l’ennesimo deja vu di una vita, l’ennesimo appuntamento mancato.
In panchina c’è Spalletti, ma sembra di rivedere l’epilogo di Garcia.
Non c’è nessun copione da seguire, sembra tutto improvvisato. Cross quando nessuno è pronto a riceverli, punizioni tirate da difensori che non eccellono nel passaggio, figuriamoci nel tiro a giro, calci d’angolo di dieci metri oltre il secondo palo, e molti altri errori.
Nulla e nessuno sembra poter sterzare o cambiare la rotta ed evitare la tempesta. Prima ci prova con Dzeko, che alza il baricentro della squadra, prova a fare la manovra, ma non basta. Da quando entra lui, nessuno crossa più. A 10’ dal termine è il turno dell’altro bosniaco, Pjanic, che, non al meglio della condizione, tenta di allargare il gioco, a prendere per mano la squadra, ma forse, lei, è troppo stanca per seguirlo. Allora quando mancano solo 3 o 4 minuti al 90esimo il tecnico di Certaldo rischia il tutto per tutto, inserendo Totti.
Gli basta poco, pochissimo per far capire al mondo intero che non serviva tendere la mano ai 10 compagni, ma, come sempre accaduto, la prende e se la carica sulle spalle; contro ogni legge della fisica, contro ogni carta d’identità.
Nell’articolo di analisi del Torino, si chiedeva un ultimo applauso, un’ultima standing ovation per chi le ovazioni le ha ricevute in tutti gli stadi del mondo, in tutti i campi, i terreni che ha potuto solcare. Sembra che il desiderio, la preghiera sia stata esaudita, anche se il pubblico, per annose questioni, non era quello delle grandi occasioni.
E per mera ma semplice provocazione, e se fosse proprio questo il momento giusto per dire basta?
Se Totti, mentre tutti ora fanno marcia indietro, mentre l’allenatore cambia registro e ora lo loda, dimenticando che qualche giorno fa parlava di una squadra che vince e non del singolo, mentre in questo momento il presidente ne parla con orgoglio, mentre tutti quelli che lo davano per finito, ora e solo ora, lo applaudono, decidesse di dire stop?
Se fosse lui a spengere le luci, di sua spontanea volontà, ed uscire tra gli applausi scroscianti e sinceri, fermando la giostra che per anni, lustri e decenni ha fatto divertire il mondo. Il Luna Park chiude. Ma non perché rotto o senza corrente. Solo perché il giostraio ha deciso di lasciare a tutti il miglior ricordo possibile.
La terra si fermerebbe, alla gente passerebbe l’appetito, gli occhi tornerebbero ad essere lucidi prima, e a riempirsi di lacrime poi. Lacrime oneste, sincere e giuste. Come giusto sarebbe se fosse lui a decidere quando e come farsi da parte. Ma non da sopportato, criticato o peggio ancora compatito per non essere più in grado di correre e di meravigliare, ma semplicemente da rimpianto. Con l’ultimo ricordo che sia da festeggiato e osannato, come sempre e quindi per sempre. La famosa chiusura col botto. Senza dover piatire o elemosinare nulla, senza dover girovagare in campionati sperduti nel mondo, ma semplicemente lasciando a bocca aperta tutti i detrattori e sicuramente anche i suoi tifosi. Negli anni a venire, pensarlo e vederlo nei propri pensieri, in un solo frame, ma sempre al top. Sempre in cima, davanti a tutti e sopra tutti. Semplicemente Totti!
Con l’amara dolce frase rimasta nella mente e mai ascoltata, perché non pronunciata ancora:”e se avesse giocato ancora?”
Edoardo Albanese
Bravooooo
E se anche questo articolo fosse profetico?
Bellissime parole, comunque…
Da far appassionare anche i tifosi delle altre squadre!
Grande Edo!!!
Bell’analisi. Ottimo suggerimento.