Aldair:”Roma?Una seconda casa. Io al Genoa? Meglio la Serie B che giocare contro la Roma!”

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Una mattinata a Trigoria per salutare vecchi amici e respirare l’aria che è stata sua per anni. Tredici per l’esattezza, dal 1990 al 2003. “Roma ha rappresentato tutto per me, è semplicemente la mia vita sportiva”, dice Aldair Nascimento Santos, uno che non ha bisogno di grandi presentazioni. Il protagonista del match program giallorosso è stato tra i difensori più forti mai visti nel panorama calcistico, figuriamoci nel firmamento romanista. Campione del mondo nel 1994 con il Brasile,campione d’Italia nel 2001 con la Roma, in giallorosso ha collezionato tra campionato e coppe 436 presenze e 20 gol. Per alcuni mesi della stagione 2003-2004 fu anche difensore del Genoa in Serie B, l’altro club italiano ad averlo avuto in rosa. Oggi, a 51 anni, sembra quello che aveva lasciato la Capitale tredici anni fa: tirato a lucido, stessa cadenza vocale incline a mangiarsi le parole, con qualche ricciolo in più tra i capelli tanto da farlo somigliare al gangster Jules Winnfield, personaggio di Pulp Fiction, interpretato da Samuel L.Jackson.

Aldair, come mai da queste parti?
Vengo a Roma due o tre volte l’anno. Conosco ancora tante persone, ho alcune attività da controllare, in poche parole è la mia seconda casa. Inoltre, da un annetto con il mio amico Toni Casadei gestisco una scuola calcio in zona Aurelia da seguire quando posso”.

Una scuola calcio?
“Si chiama “Footbal Club Alda Roma” (aldaroma.it, ndr), io sono il presidente onorario. In questi giorni abbiamo organizzato la seconda edizione del torneo “Alda Roma”. Non ho la possibilità di vedere sempre da vicino questi ragazzi perché vivo in Brasile, ma quando ho l’opportunità mi trattengo a lungo con loro. Ci parlo, do consigli, mi piace guardarli all’opera. E poi mi fanno emozionare?”.

Perché emozionare?
Prima di ogni partita intonano il coro che mi dedicavano i tifosi della Roma allo stadio: “Aldair, Aldair, Aldair…”. Da brividi. Parliamo di giovani nati dal 2002 al 2010. Molti di loro nascevano quando io andavo via dalla Roma”.

Era il 2 giugno 2003 quando organizzò all’Olimpico la partita di addio tra Roma e Brasile.
Una serata indimenticabile, con tanti campioni in campo e migliaia di tifosi sugli spalti che mi commossero per uno striscione in curva Sud molto toccante: “Per tredici anni la nostra maglia hai onorato, nel nostro cuore un posto hai conquistato”. Non potrei mai dimenticarlo. Da brividi, davvero”.

Decise di andarsene a 38 anni, però non smise di giocare.
A dire il vero me ne dovevo andare un anno prima, poi decisi di restare ancora per i tifosi e per la famiglia che si trovava bene qui. Firmai l’ultimo contratto senza considerare troppo l’aspetto economico, nonostante avessi avuto offerte di altre società più vantaggiose. Ma la Roma era la Roma”.

Poi si trasferì al Genoa, ma non a lungo.
Sì, sei mesi con la maglia rossoblù, in Serie B. Non avrei mai voluto giocare in A contro la Roma. Accettai, quindi, di scendere di categoria e di firmare per il Genoa”.

Ricordi di quell’esperienza?
Mi trovai bene anche se non durò molto. I sostenitori genoani sono calorosi e ti danno tanto affetto come quelli della Roma. Giocai meno di una ventina di partite, segnando pure un gol, ma non instaurai un grande rapporto con il tecnico di allora, De Canio. Acqua passata, ormai”.

Passando all’attualità?
Ho visto le ultime due partite della Roma allo stadio, contro Torino e Napoli. Mi è sembrata una squadra forte che, soprattutto con il Napoli, ha dimostrato solidità e consapevolezza. Spalletti ha ridato un’identità ai giocatori”.

Da difensore a difensore, le piace Ruediger? Con il Napoli ha fermato Higuain e salvato un gol a portiere battuto.
Sta migliorando tanto questo ragazzo. All’inizio ha avuto alcune difficoltà, ma è normale dato che veniva da un altro paese e da un altro calcio. È un buon difensore, tiene bene la posizione, ha personalità quando esce palla al piede dal reparto arretrato. Mi sembra pure che sia entrato nel cuore dei tifosi perché spesso viene applaudito. I giocatori hanno bisogno di tempo, in fondo pure per me i primi mesi a Roma non furono semplici. Eppure, non andai male dopo…”.

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