Anche un orologio fermo segna l’ora esatta due volte al giorno

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Totti

Roma, febbraio 2098, una domenica come tante.

Padre e figlio che come di consueto osservano sospesi nel soggiorno di casa una partita della loro squadra del cuore, e lo fanno direttamente con una sorta di chip che proietta il match in 6D direttamente nel loro cervello. Stadio vuoto ma odore di fumogeni in quella che è la quinta dimensione, addirittura i cori frutto della sesta.

Quella domenica c’era il derby della Capitale, tra i Cocacola yellowreds e i BBB biancoblu o biancocelesti, o bianco azzurri, vabbè, resterà un po’ di confusione in merito anche nel futuro.

In campo 11 robot da una parte e 11 dall’altra, 50 minuti di gioco effettivo interrotto ogni 10 minuti per uno stacchetto pubblicitario. Nessun arbitro ma 10 droni che dall’alto sparano un raggio laser al marchingegno colto in fallo. In panchina, vicino al tecnico, 10 busti intercambiabili con un nome di fantasia scelto da vari sondaggi, un meccanico sociale pronto a oleare i protagonisti inceppati. E’ tutto pronto per il calcio d’inizio.

Papà, raccontami di quando erano gli esseri umani a giocare

– Non ora, aspettiamo la pubblicità

Il primo quinto di partita volgeva al termine, GS 172010 aveva portato in vantaggio i Cocacola e correndo per esultare verso il muro vuoto alle spalle dell’estremo difensore dei BBB avvicinò un cilindro (il dito) verso la bocca, quasi a simulare una sorta di ciuccio, oggetto che risale ai tempi in cui le donne allattavano ancora i loro figli.

Mentre durante il break lo stesso GS 172010 era impegnato nella promozione della pillola all’essenza di lasagna al ragù, il papà decise di raccontare qualcosa che nemmeno lui aveva vissuto.

– Nonno mi ha raccontato di un uomo, uno vero, non come GS, un uomo che per tutta la sua carriera ha giocato con la stessa maglia, quella dei Cocacola, che allora portavano ancora il nome della nostra città

– E poi?

– Con i Cocacola ha giocato quasi 800 partite, ha segnato 300 gol, è rimasto fedele per 25 anni senza mai cedere alle lusinghe dei Toreros o dei Biscia Technology

– E poi?

– E poi non aveva più metri

– E che vuol dire?

– Non lo so, non me lo ha mai saputo spiegare nemmeno il nonno. Però mi ha raccontato che all’epoca negli stadi c’era il pubblico, spettatori che osannavano questo calciatore. Poi ho fatto alcune ricerche e ho scoperto che nell’era antica non esiste una storia simile alla sua. Il giorno del suo addio la gente piangeva, il suo popolo si sentiva orfano di qualcosa che lo aveva accompagnato per mano per oltre un quarto di secolo

– E perché ha smesso?

– Perché non aveva più metri

– Ma GS 172010 sono 40 anni che gioca

– Si ma quell’altro era umano, si racconta che in campo, dopo una sconfitta, qualcuno lo abbia anche visto piangere, si racconta che impazzisse di gioia dopo ogni gol, che si appropriò di una telecamera, che si fotografò da solo sotto alla vecchia Curva Sud, che simulò un parto, che giocasse con delle viti nella gamba…

– Papà, cos’è la telecamera? Cos’è la Curva Sud? Che vuol dire “fotografò”?

– La prossima volta dai, inizia il secondo quinto

– Papà, non ho più voglia di vedere la partita

– Lo sai che ti dico Francé, nemmeno io

Domenico Rimedio

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